Pirandello: l'immagine, il cinema.



A centocinquant'anni dalla nascita di Luigi Pirandello mi viene in mente che fu uno dei primi a rendersi conto di quanto il cinema avrebbe cambiato e trasformato qualsiasi approccio all'arte e al suo sistema complessivo. L'idea che uno schermo bianco accolga delle illusorie ombre rimanda, per analogia, al teatrino di altre ombre, quelle cinesi, che in C'era una volta in America, oltre ad avere una specificità metonimica all'interno della diegesi, diventano simbolo, se non essenza stessa, del cinema.
Nel 1916, con I quaderni di Serafino Gubbio operatore (allora intitolato ancora Si gira), coglie con lungimiranza eccezionale questo aspetto.
Anche Walter Benjamin non si perita nel suo celebre saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica di citare proprio I Quaderni del figlio del Kaos.
Pirandello non amava il cinema parlato, capiva perfettamente che tale nuova forma d'arte era nata dall'immagine e nell'immagine ha la sua centralità: le sue preferenze per il muto sono, in tal senso, comprensibili. Aveva, se non ricordo male, espresso anche numerose riserve sul cinema: ma anche il suo rapporto col teatro non era, in fondo, travagliato e conflittuale?
Lo scrittore siciliano avrebbe probabilmente amato Hitchcock; il regista britannico, infatti, riteneva che i dialoghi fossero inutili: per questo nelle sue opere abbondano ma non significano; nulla aggiungono alla sostanziazione del suo cinema puro, come giustamente lo hanno definito i francesi.
La parola, nel cinema, sia concessa questa estremizzazione, è errore. Il cinema puro, quello vero, non ha bisogno dei dialoghi per spiegare l'intreccio. Si veda, a tal proposito, Gli uccelli. Quando Melania conosce la 'suocera', ciò che dicono è altro (nulla, in fondo) perché è chiaro da colori, inquadrature e sguardi quanto il rapporto fra le due donne sarà difficile, vista l'ostilità della madre del suo fidanzato. 
Lo stesso, a pensarci, vale per quasi tutti i grandi. Per Sergio Leone i dialoghi sono le musiche di Ennio Morricone e le poche battute dei personaggi sono aforismi che restano impressi nella memoria dello spettatore. Per Coppola alcune parole assumono rilievo se accostate a un montaggio alternato, ad una particolare luce.
Voglio, insomma, ricordare Pirandello con l'invito a rivedere i grandi film, in particolare quelli di maestri quali Billy Wilder e Blake Edwards, i più 'pirandellianizzabili' viste le ritornanze tematiche.
Il narratore siciliano si è reso conto molto prima di altri che il realismo nel cinema è la più grande illusione che questo possa produrre. Molto meglio, allora, rifarsi ai visionari, alcuni dei quali sono stati poco sopra citati.
E magari evitare il dogmatismo di stereotipi e luoghi comuni che molto cinema contemporaneo non sembra in grado di gestire.






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