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Visualizzazione dei post da settembre, 2013

Lo sguardo di Paola Turci

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E' una sera un po' così. Di quelle che ti lasciano la voglia della scissione perpetua: di prendersi sul serio senza mai prendersi sul serio. Cioè, nessuna intenzione di spiegare, spiegarsi. Tanto non è che ci sia molto da fare. Mi basta pensare che per un attimo la distorsione di essere rifiutato da qualsiasi congrega sia poco un merito, poco una colpa, ma una mera questione chimica. Sono lunatico, mi dicono, eppure quasi non me ne accorgo. Sento persino, in questo stanco 28 settembre, uno strano trasporto per le buone cose di pessimo gusto, per la tradizione, per la voglia di sentirsi parte della comunità. Paradossale? No, perché? Poco ribelle? E chi se ne importa? Il copione non lo devo mica recitare davvero, ma solo fingere di averlo, giusto no? E perché un lampione e le farfalle attorno alla luce attirano tanto la mia attenzione? E dopo tanti anni, davvero tanti, di nuovo Paola.  Paola Turci. Io e il giubbotto di jeans di 15 anni, scanzonat

Palyboy e l'erotismo della Rivoluzione

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Anche i cani sognano Hegel

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Ma tra passato e presente perché ci deve essere una sfida, un duello, uno scontro? Chiedetelo ai dispensatori di risposte, agli asceti in vena di provocazioni da "dove c'è Barilla c'è casa", ai frombolieri di semi di fave, ai labrador ringalluzziti dalla fenomenologia dello spirito del buon vecchio Hegel.  A me chiedete: ma è vero che in C'era una volta la Rivoluzione , il tuo secondo inutile romanzetto, a muovere la tua scrittura è stato uno scioglilingua dal deflagrante significante rivoluzionario (ovvero: sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa)? Sì, è vero, sono stato colto in flagrante. Prometto che prima o poi spiegherò qualcosa in relazione a ciò, però, per ora, mi si lasci dire che sì, è vero, lo so, dovrei ma non posso, potrei ma non voglio e chi mi spiega perché devo riconciliare nel reale le contraddizioni e gli opposti? Sì, già lo so che me ne pentirò, ma fra tutti i 33 trentini che entrarono a trento sorridendo senza

C'era una volta la Rivoluzione: geografia dello sballo

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Ora, Silvia quasi si contorce, si batte la fronte, tira ancora su con il naso e risponde sussultando: - Oh, sì, avete ragione. Pensavo lo conosceste: è il nuovo intrattenimento glamour che Giuseppe Falchi ha portato in Costa Smeralda, dopo averlo conosciuto in America. O in Svezia. In quei posti lì, insomma.

La pace della guerra

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Toccherà ad un premio Nobel per la pace scatenare la nuova guerra.  Motivazioni? La Siria minaccia la pace.  Risoluzione del problema: iniziare, appunto, una guerra contro il cattivo di turno che minaccia la pace al fine di mantenere la pace nel mondo. Che cosa mi sono bevuto? Nulla. Questa è la nuda cronaca, il paradosso mesto che ben simboleggia sia il nostro presente, sia la natura bestiale della razza umana. Credere a questa assurdità in salsa ecumenica, oppure pensare che ci possa essere qualcosa dietro? Per esempio: l'economia americana ha fisiologicamente necessità di una guerra per girare meglio, per ossigenarsi, per rinvigorire con un umile atto umanitario e muscolare la sua salute, nella sfibrante girandola che il Mercato impone. Con un attacco mirato (dice il nobel per la pace) si darà una lezione alla Siria, in nome della giustizia di tutte le genti.  E si darà una mano agli armatori.  Ma non è che l'acquisto dei necessari e pacifici F135, o

Recensione primi due capitoli di Febbre rosa

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Febbre rosa Una mattina, Veronica, sedici primavere di tormentose estasi, viene trovata strangolata nel suo letto. L'indagine è affidata all'ispettore Massimiliano Riperti, padre di Camilla, compagna  di classe della vittima. Indagine a doppio binario, dunque, crocevia esistenziale, tra il privato e la cronaca nera. Febbre rosa , di Renato Esposito, Logus Edizioni, si presenta così nei primi due capitoli: tutto deve essere mostrato. E sia. Se il primo capitolo si contorna delle stereotipie del giallo, il secondo vi aggiunge l'azione da poliziesco. Ma, ripeto, tutto è esibito, sovraesposto, ridondante. Ed è caratteristica del nostro tempo 'multimediale', televisivo. Esposito ha, certo, tanto da imparare, ma il lettore con lui.  In un passo del secondo capitolo l'autore vorrebbe trasmettere tensione in un dialogo, rinuncia però a crearla con artifici tecnici e fa dire al narratore che il silenzio si stava caricando di tensione . Ecco, la enuncia, ma qu