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Visualizzazione dei post da aprile, 2018

Io sto bene, e tu?

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Mi fermi, mi prendi la mano, cominci a parlare. Io sto bene, e tu? Parli, non sempre senza sapere di che cosa, e poi mi dici che il tempo sta cambiando e non ci sono più le mezze stagioni. Parli, e mentre provo io a farlo continui, alzi il tono e mi lasci a bocca aperta. Io sto bene, e tu? Ti muovi a tuo agio mentre disquisisci di scie chimiche, di politica e di bene comune. Intorno a noi cadono i calcinacci, i topi forse invaderanno presto la città, l'analfabetismo politico dilaga, mi assale, mi assilla. Io sto bene, e tu? Mi chiedi se ho letto, da qualche parte, (su facebook?) la spassosa serie di volgarità di non so quale Carneade illustre. Intorno gente che corre, grida, s'affanna, sbraita con occhi scerpellati, smerigliati, stupefatti da cocaina o dalle malie di uno smartphone. Io sto bene, e tu? Mi viene da vomitare se ritornano nella mia mente Sky, i centri commerciali megagalattici e alienanti, le multinazionali. Il conato cresce se davanti ai

Ma quale professore!

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Sento la primavera, una stramaledetta nostalgia mi assale. E il mio vecchio vizio di non voler essere quello che gli altri vogliono che io sia mi domina ancora. Ripenso all'autenticità del ragazzo che fui: bastava un goal di Klinsmann, una nuova canzone di Bennato, un passaggio in TV del western di Leone. E mi ricordo di dieci anni fa, oggi, sì: 15 aprile 2008. Ero a Sassari, forse con una ragazza, non ricordo. Seduto nel bar di fronte alla Facoltà parlavo e una sensazione di gioia incontrollabile mi faceva sognare. Non sapevo che cosa la orientasse, ma era meraviglioso. Ieri come oggi, la stessa frenesia. Non volevo già allora essere professore, non lo voglio ora.  Mi sento sempre quel bambino ingenuo e un po' fuori posto degli anni Ottanta; quel ragazzo anarcoide e a modo suo degli anni Novanta. Intorno il circo delle apparenze non mi incanta. Mi annoia. Sa di grigio e ipocrita. E io, al solito, partecipo svogliato al girotondo. Lascio le mani degli altri, e sul

Dimmi come guardi un film e ti dirò chi sei

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Dimmi come guardi un film e ti dirò chi sei. Meglio ancora: ti dirò quel che siamo, quale immaginario abbiamo accolto e quali rapporti economici e sociali si celano dietro questa 'consapevole' scelta. Il cinema nasce come spettacolo popolare. La sala era, ed è, luogo comunitario, sociale (politico, aggiungo). I film girati per il grande schermo utilizzano, infatti, un linguaggio peculiare. Poi, un bel giorno, arriva la televisione: chi vede un film al cinema e poi se lo ritrova in TV, spesso non lo riconosce. Di conseguenza ecco i film girati ad hoc e serie televisive: logico, si investe nel nuovo mercato. Chi ha provato a seguire un film per la TV proiettato sul grande schermo pare sia rimasto annichilito da tale esperienza. I linguaggi sono troppo differenti. Nel frattempo tutto si velocizza, arriva internet, i cellulari sostituiscono il cervello di alcuni esseri viventi e la produzione di opere audiovisive aumenta, s'ingigantisce, s'innervosisce per