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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

Cinquanta sfumature Di Maio

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C'è qualcosa di Romantico nel Movimento Cinquestelle, nella sua accezione più squisitamente letteraria (e quindi, come sa bene Di Maio, irrazionale). Indignati, umiliati e offesi da decenni di Governi della mummia Berlusconi e da altrettanti indegni dei Sinistri scendono in piazza ben sapendo che la politica è un affar serio: ce lo spiega anche un comico, o presunto tale (sfortuna, per tutti, che non abbia avuto al cinema successo, non avrebbe sfogato la sua frustrazione da signor Nessuno).  Romantico e nobile, questo afflato ha caratteri oclocratici (e Di Maio, uomo colto, sa bene che intendo) ed è fecondato dalla disperazione. Era stato il malessere a favorire il Fascismo, la frustrazione, il dolore, la grettezza nel secolo scorso. Anaciclosi, come scriverebbe Polibio (e Di Maio, uomo colto, sa a che mi riferisco)? Romantica è l'idea che un movimento affronti 'di pancia' questa sfavorevole congiuntura e attraverso la rete, e un po' di 'sana' al

"Giorgio Bassani: prigioniero del passato, custode della memoria" di Sophie Nezri-Dufour

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La pubblicazione di una monografia critica su Giorgio Bassani, uno degli scrittori maggiormente significativi del Secondo Novecento italiano, è già di per sé una notizia meritoria di attenzione, poiché l'autore ferrarese, negli ultimi anni, viene ricordato molto meno di quanto sarebbe giusto. Se poi si aggiunge a ciò che la mano di chi firma l'opera è quella di Sophie Nezri-Dufour - specialista di letteratura della Shoah, studiosa di Bassani, Primo Levi, Tomasi di Lampedusa - allora ecco quanto sia doveroso accogliere con entusiasmo il volume, pubblicato per Franco Cesati Editore, dal titolo  Giorgio Bassani: prigioniero del passato, custode della memoria  ( l a prima edizione del libro è stata pubblicata in francese nel 2015). Sophie Nezri-Dufour si concentra, giustamente, sul  Romanzo di Ferrara , ne svela le ragioni profonde, legate alla biografia dell'autore, testimone dell'epifania dell'assurdo che ha nel Fascismo e nelle persecuzioni razziali la sua pi

"Antropologia e letteratura" di Antonino ed Emanuele Buttitta

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Siamo in macchina, fermi. Emanuele, al posto di guida, parla al telefono; Alessio è seduto davanti, io dietro. Non ricordo l'anno, ma la città è Sassari. Forse abbiamo da poco finito di fare esami.  Emanuele parla con suo padre, non si vedono da un po'. Sono con Alessio e Filippo, dice, sì, andiamo a mangiare tutti insieme, vicino ad Alghero. Ma sia io che Alessio abbiamo delle remore, scendiamo dalla macchina, pensiamo sia giusto così, è passato qualche mese dall'ultima volta in cui Antonino Buttitta è stato in Sardegna; vogliamo, per discrezione, farci da parte. Emanuele non sente ragioni, ci invita a risalire in macchina. Noi opponiamo resistenza. Ad un tratto, Emanuele rimane in silenzio e mi guarda. Non c'è bisogno di parlare, fra di noi. So che significa quello sguardo, mi giro verso Alessio: andiamo. Quel momento mi è ritornato alla mente quando ho scartato il pacco che mi ha inviato Emanuele. Il libro che ha scritto con suo padre è uscito per Sel