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Visualizzazione dei post da 2015

Espiazioni e purificazioni di Filippo Pace nel Monastero di Clotiferro

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Dodicesimo giorno nel monastero di Clotiferro. Cellulari, computer, televisori: aboliti. Esercizi spirituali: costanti. Niente donne, nessuna chitarra, zero libri. Mi pento, espio, purifico i miei pensieri. Non mangio funghi velenosi; in refettorio, a capo chino, penso solo alla minestra; mentre ammaestro gli uccelli e allatto i cinghiali coltivo l'oblio. Questa sera, nella mia celletta, è tornato a trovarmi frate Goffredo. Sono le 21: vorrei andare a dormire, è già tardi. - Mancano ancora pochi giorni e sarai reinserito nuovamente in società - comincia il mio amico, sessantaquattro primavere sulla barba grigiastra. - Già. - Hai bruciato il tuo abito da Arlecchino? - L'ho sepolto in una buca profondissima. Frate Goffredo è perplesso; s'accende uno spinello, lo fuma con disincanto e poi replica: - Sarebbe stato meglio bruciarlo. - Hai ragione, lo farò non appena uscirò da qui. - No, ormai lascia stare così. Ti sei pentito? - Sì, ma non sarà ma

Quello che si perde

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C'è una casa, da qualche parte, che mi aspetta. So che è grande, ha due piani, tante finestre, tende bianche che al vento primaverile ondeggiano e fanno capolino nelle verande, quasi per salutarmi. D'estate, quella casa, è sola.  Se torni all'imbrunire, dopo la corsa, dopo i giochi, senti che è malinconia. Ma anche libertà, quella perduta, agognata, mai conosciuta o rifiutata. Senti un grido, qualcosa di contaminato da qualcos'altro.  Un'idea s'accende, per spegnersi subito. Il perduto. Tutto ruota intorno al perduto; meglio: a ciò che ne evoca l'idea. Sciascia scrive nel Cavaliere e la morte che la nostalgia è spesso un inganno della mente. Non credo sbagli. Forse, però, dietro questa c'è un desiderio di innocenza (guarda caso perduta) che innesca l'idealizzazione del passato: Fiorenza dentro da la cerchia antica ond'ella toglie ancora e terza e nona si stava in pace, sobria e pudica... Ho sempre trovato struggente la d

Tu Ti Turbi

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Tu ti turbi. E io no. Dovrei, vorrei, ma non posso. Lei si turba. Ma si sa, donna colta, profumata, avvezza alle cene eleganti. Mi pare giusto. Noi ci turbiamo: discutiamo, esemplifichiamo, discettiamo, disquisiamo, diviniamo. Io mi turbo. Tu no. Io ti turbo col mio modo di vestire, loro mi turbano col loro modo di pensare. Noi turbiamo chi non vuole essere turbato. Voi vi turbate. Per fortuna il turbato non è sempre turbante: sa essere Pop, l'imperturbabile e commosso intellettuale. Sa essere politicamente scorretto a comando. Non mi turbo. Oppure se ci turbiamo facciamo attenzione: galanteria, guai a toccare tasti che sfiorino idee su sessualità, religione, identità. Identità? Io qui mi turbo, tu ti turbi? Ti turbi solo perché mi turba l'idea dell'identità? Questo mi turba. Non dovrei, non vorrei, ma... Ti turba l'idea che le coppie etero non vogliono sposarsi, mentre quelle omosessuali sì? No, sì, forse, non lo sai, ma che vuoi. A me fa sorr

Gatto Onofrio

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Di sé non parla. Ma ci racconta tutta la sua vita. Si professa anarchico e gioca ad essere Pop per fingere di non esserlo, credendo di non saperlo essere. Si mostra tozzo, occhialuto, ha una vocetta nasale e ridicola: attrae, di questo felino in preda a ubbie svenevoli, la sua non totale consapevolezza di essere buffo. Se sapeste come s'accende, se pensa alla bellezza. Sporadicamente do un'occhiata a quello che fa: miagola ecdoticamente nella notte, lancia i suoi stucchevoli e inutili messaggi nella bottiglia e ammaestra l'universo con la sua solitudine. Altri gatti - gattini ciechi, direbbe Tomasi di Lampedusa - applaudono qualsiasi nota di quel miagoloso squittire. Non hanno pietà di loro stessi: avanti, alla corte dei miracoli c'è posto per tutti.  Gatto Onofrio crede di essere bello. Lo adoro; nella sua colta pochezza mi rilassa pensarlo. Sapere che vive, respira mi fa sentire migliore. Gatto Onofrio: grassoccio, bruttino; sì, ma in preda al culto del

«VELEGGIARE VERSO L’ABISSO». LA MORTE NEL GATTOPARDO E NEL GIORNO DEL GIUDIZIO.

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       La difficoltà più grande che io trovo in questo ritorno al passato è quella di mantenere le prospettive. E si capisce perché: ognuno di noi, anche se si limita a guardare in se stesso, si vede nella fissità di un ritratto, non nella successione dell’esistenza. La successione è una trasformazione continua, ed è impossibile cogliere e fermare gli attimi di questa trasformazione. Sotto questo profilo, si può dubitare del nostro stesso esistere, o la nostra realtà è solo nella morte. La storia è un museo delle cere [1] . Da questa sfiducia prettamente Novecentesca, dagli echi pirandelliani, muove la ricerca narrativa sattiana che, nel suo nostos sulla soglia della morte, consegna alla posterità il suo grande romanzo. In questa sede, ciò che ci proponiamo è di accostarlo, per analogie e differenze, ad un’altra opera postuma di pari spessore, figlia di un disincantato aristocratico siciliano e considerata la vera e propria pietra tombale del neorealismo. Riesce molto difficil

Gianni Langiu e i suoi Lucignoli nel vento

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Non si può ingannare il tempo, né eludere un nuovo inverno, il freddo che congela per sempre la primavera perduta nella sua morsa di ghiaccio. E forse se fosse possibile, non sarebbe neanche giusto. Ma il tempo lo si può raccontare, rappresentare, trasfigurare come fa il mio amico regista Gianni Langiu che riadatta  liberamente un racconto di Sandro Chiappori  (vincitore del premio Logudoro 2015) e gira il corto Lughinzos in su bentu (lucignoli nel vento)  mostrando padronanza del mezzo e una sempre maggiore consapevolezza tecnica. La storia di un padre che abbandona sua figlia diviene un nostos conoscitivo: quarant'anni sono tanti, di inverni ne sono seguiti parecchi; il treno che va, il mare immobile, la bambina sulla spiaggia, la donna alla finestra, il dialogo incessante, tutto diviene simbologia dell'abbandono e ricomposizione catartica (magari solo sognata) del trauma primigenio. Gianni Langiu si avvale di una espressiva Maria Antonietta Pirrigheddu e trova una ma

L'editore che non paga

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L'editore che non paga è sorridente, educato, civile. S'indigna per le ingiustizie dei poveri, degli oppressi, dei ceti meno abbienti. L'editore che non paga è un uomo per bene, ama la cultura e la protegge. Sa essere attento, puntuale, preciso. L'editore che non paga si scaglia contro gli squali che fagocitano il mercato, mantiene buoni rapporti con i librai salvo assalirli per poi azzannarli se sono in ritardo con i pagamenti. L'editore che non paga osserva sgomento il triste proscenio del presente affollarsi di comprimari biechi e squallidi attratti solo dal denaro. Vagheggia la cultura, vaneggia, dileggia. L'editore che non paga è dispiaciuto se non paga i suoi autori, ma da che mondo e mondo si sa che il sistema è quello che è e l'editore che non paga è nobile anche quando non paga ed anzi meno paga i diritti e più si nobilita. L'editore che non paga è l'uomo nuovo perché è l'antico portatore di antichi valori ormai sopiti. L&#

Domani è un altro giorno

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Ci penserò domani, mi pare che così avesse risposto Rossella nel film Via col vento . Sergio Leone aveva scritto, poco prima di morire, un bel trattamento di un nuovo film western (che avrebbe dovuto vedere come protagonisti Rourke e Gere, allora - fine anni Ottanta - all'apice della loro carriera). Io l'ho letto, quel trattamento, l'ho letto con febbrile malinconia; era nel suo stile ed era bellissimo. Ma quel film non si è mai fatto. Chissà dove va tutto ciò che non vede la luce; che s'interrompe. Che s'interrompe... Nei salotti bene ci si compiace di esserci ancora; per le strade la gente passeggia veloce o distratta; indaffarata o dolente; aggressiva o spaurita. Ma c'è qualcosa che s'interrompe... E non parlo di un film, ma di qualcosa di più grande, più di un sogno. Una vita. E più di una volta. E dove va quel sogno di vita? Giro giro tondo, dice la canzone, poi il senso del dovere, precipitevolissimevolmente, senza mai c

Tra Silvia e Michela

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Te lo dice la notte che l'inghippo sta là. Te lo dice quando ti porta il sogno nel sonno e sai che in quello c'è un autunno da scontare e da (non) dimenticare. Sei in una piazza, è festa di paese, ci sono i fiori, è vero, tantissimi, ma l'estate è ormai un ricordo. L'ennesimo. Poi un convegno, tu che cammini, qualcuno che ti riconosce, qualcuno che non ti riconosce, altri che non riconosci tu. Te lo dice in quel sogno che è tra Silvia e Michela che devi cercare l'errore o il senso. Che poi forse sono quasi la stessa cosa. Eppure, loro due, così diverse, inconciliabili. Una finta, troppo finta per essere vera; Silvia. Michela troppo bella, troppo Michela per essere solo un sogno. - Ti piace il profumo di questi frutti? - ti chiede una. - Perché te ne vai proprio ora? - domanda l'altra. Eppure è quando si parlano e si sorridono, è quando sono amiche e ogni conflitto è pacificato che tutto ritorna e, allo stesso tempo, viene inverato dalla Storia. L

Liberi

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Orario. Abitudine. Scansione mensile, settimanale, giornaliera. Metafisica dell'ordinario. Ordinarietà della metafisica. La mano che muove i fili. La marionetta è libera, legno sociale, schema umanistico. Burocratizzazione dell'emotività: attenzione, non respirare troppo velocemente; mantenere la calma, temperare ambizioni, aggressività e, soprattutto, voglia di giocare. Seriosità. A tutti i costi. Sognare. La notte. Solo la notte. Attenzione: non disturbare il sonno dei vicini. Non incrinare gli schemi. Fondamentale per aggregare. Per idea aggregante. Rispettare le regole. Sempre. Comunque. Anche se non hanno senso. Soprattutto quando non lo hanno. Amare da manuale. Pensare da copione. Giudicare. Costruire verità.  Parlare ogni tanto di libertà. Per convincersi di essere vivi. Griglie concettuali predefinite. Ideali per non affaticare il pensiero. Necessità di schemi. Razionalità. Razionalismo. Ipertrofia razionalistica.  Rispettare le

L'aspirazione dell'Uomo - Massa

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Ci pensavo ossessivamente in questi giorni. Forse per via delle tante idiozie che leggo e sento sull'immigrazione, sulla ridicola riforma della Scuola, sulla Grecia, sul turismo. Il trionfo della mediocrità, sempre più spesso congiunta con l'idiozia, sancisce un'idea risolutiva dei problemi semplificante, unidimensionale, manichea e, sostanzialmente, pericolosa. La massa è imbonita, ahinoi, incapace di orientarsi in una dimensione disorientante ed escludente come quella odierna e in mancanza di una problematizzazione del reale (e in presenza di cicale e grilli parlanti in preda a mesti deliri solipsistici, improntati ad un animoso egotismo e di conseguenza inutili per tutti) sceglie la via immediata e istintuale del coltivare il proprio orticello. L'uomo Massa ha l'aspirazione a non essere diverso da quello che è; la vera ambizione del mediocre è l'immutabilità. Niente deve cambiare, tutto deve rimanere immobile. Accettare che l'Italia è destinata a di

C'era una volta un anarchico Narciso

Io ho sempre immaginato Narciso non bellissimo, ma solo e particolarmente ingenuo. L'ho sempre immaginato bruno, un po' confuso e trasognato nell'animo bambinesco, escluso, vagare per i campi alla ricerca di attenzioni. Cerca attenzioni, senza sapere o capire di desiderare affetto. Narciso, se lo guardi da questa prospettiva, fa solo tenerezza. Il suo bisogno frustrato di essere amato si trasforma e si maschera nella stupita (non) scoperta del sé. Proprio perché ingenuo crede (brama?) di vedere nel suo riflesso qualcuno bellissimo che presti attenzione alla sua solitudine. Ingenuo: puoi riconoscerti nel monadesco furore di uomini che nei cortei ripetono o urlano vuoti slogan abbacinati dal nulla del Grillo Parlante? Bambino: puoi non sentirti solo nel carosello necrotico delle convenzioni, per te prive di senso, nel circo liturgico messo in scena quotidianamente e con violenza? Sognatore: il tuo bisogno non appagato di essere amato lo puoi soddisfare amando? H

Luglio è il mese più dolce

Lo è per me, ovviamente. Per quello che rappresenta, per quello che mi evoca, perché riesce sempre a stupirmi. Riaffiorano con prepotenza, in questi giorni, antichi desideri, sogni che sembravano ibernati. Nonostante la violenza degli uomini, la vita è un vizio al qualche non riesco ad opporre rimedio. Tutta colpa di questa ricerca bambinesca di libertà. Peccato che intorno a me veda sempre più uomini e donne intenti a prendersi sul serio: ragazze affannate in cerca di amori da assolutizzare, magliette firmate, abbronzatura da esibire; ometti vanesi, razzisti, coerenti e ubriacati dal soldo. Luglio, aiutaci, liberaci dall'idiozia, regalaci il tuo sensualismo ironico e un po' di sano anarchismo. Coraggio, chi vuol danzare e guerreggiare con noi si faccia avanti. Blehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh

Lucignolo è innocente

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Pensavo, oggi e in questi giorni di dilemmi finanziari legati alla Grecia, a Lucignolo. Ci penso anche ora, di fronte alla campagna e vicino al mare, nel crepuscolo. Non è vero che Lucignolo è colui che porta Pinocchio nella cattiva strada. Non ha colpe, se non il naturale desiderio di credere sinceramente in un mondo meraviglioso, ben diverso da quello in cui galleggiano gli adulti. Avete mai letto quanta miseria e crudeltà animano le pagine di Collodi nel descrivere la società del suo tempo?Italia rurale, stracciona, affamata, miserabile, schiacciata dal moralismo repressivo. E avete fatto caso alla fata turchina? Non si mostra sempre dolce e affettuosa con Pinocchio, ma lo ricatta, esige che rientri nei ranghi. Nemmeno Geppetto fa sempre bella figura: pretende, e rinfaccia i suoi sacrifici. Lucignolo è innocente, sogna il Paese dei Balocchi, ci crede sinceramente, muore come asino dopo sofferenze e solitudine. Gli hanno venduto un sogno avariato, lo hanno esibito alla fiera

N di Vento

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Mi ferma un signore. Brizzolato, elegante, cordiale. Mi dice qualcosa del tipo: - Scusi ma lei sa che io se voglio riesco a far cambiare direzione al vento? Annuisco, non lo so, ma gli credo sulla parola. - Perché mi crede sulla parola? - risponde, appena piccato. - Perché mi sarebbe più difficile crederle su qualcos'altro - replico turbato. Devo andare a scuola, ci sono gli esami. Questo signore, di buon mattino già così battagliero, mi fa perdere tempo. - Lei sa di che colore sono i capelli della luna? - incalza con fare inquisitorio. Sento odore di spazzatura. Non hanno ancora rimosso le tracce più evidenti del passaggio umano. In più il pensiero degli esami e il mio essere in ritardo; voglia di innervosirmi. - Sono neri, neri come la notte - si risponde pure da solo, l'uomo, e si compiace. Ora si affaccia una signora e gli chiede qualcosa in una lingua strana, che non conosco, ma quello si rivolge solo a me, mi chiede dove abbia intenzione di andare e perché

Dichiarazione Shock di Lory del Santo sulla "Giovinezza" di Sorrentino

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L'attrice, popolarissima nel mondo per indimenticabili pellicole quali La gorilla di Nando Cicero, ha così commentato il capolavoro ultimo di Sorrentino, Youth -  La Giovinezza: Sorrentino si a vvicina molto alle mie intuizioni , lui ha fatto dei film e anche io ne ho fatto uno. Abbiamo delle visioni in comune . Come lui, inquadro certi paesaggi, ma il film non l'avrei fatto così, no. "Youth" ha delle lacune . Il mio punto è che so quello che bisogna fare per avere un premio. Bisogna essere lentissimi, i nquadrare molte montagne . Così sfidi lo spettatore. Il regista sembra dire io sono superiore perché devi riconoscere la mia arte. Fanno tutti questi film che uno si vuole tagliare le vene, ma io amo le cose noiose. Mi eccitano. Io credo che Sorrentino sia orgoglioso che un genio come Lory del Santo lo accosti a lei. Non certo per il differente turgore mammario, ma per la prospettiva artistica consentanea. L'ultimo film di Sorrentino a me è parso un ca

Azzurro ovunque: "C'era una volta la Rivoluzione"

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Lo sciacquio delle onde, un aereo in lontananza. Azzurro ovunque. Chi resta, chi parte. Il colore è lo stesso: - Allora cambiamo programma - continua la ragazza, il mento sulle ginocchia - se non mi sposi mi uccido. Giuseppe Falchi richiude gli occhi, vorrebbe non sentire più. - Sai che c'è un uomo della tua età che farebbe di tutto per sposarmi? L'altro le accarezza la schiena nuda, le dita si arrampicano come un ragno sulla sua tela. - Un giorno mi troverai morta. E voglio che tu mi butti nel mare... in questa bara azzurra... Ora il ragno ha raggiunto i capelli, vi s'impiglia. - La mia puttana triste... - fra tenerezza e rammarico. Paola Moreno si agita come se fosse stata morsicata da un serpente velenoso, si volta verso l'imprenditore e con ira prende il suo volto fra le mani. Strilla come solo le donne sanno fare, quando i nervi cedono: - Non chiamarmi mai più così! Basta russi, arabi grassi e sudati, spettacolini privati! Basta con questa vita! S