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Visualizzazione dei post da maggio, 2020

La notte che si rovescia

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Sono le tre e mezzo del mattino. Affacciato al balcone di casa mia gioco a tirare monete d'oro alla luna. Lo faccio per non perdermi, perché spero passi subito questa sensazione. Mi viene in mente l'immagine di un cantante rock sdraiato sul letto che butta monete, questa volta d'argento, e sente il plof perché finiscono nella fontana, una di quelle come la Fontana di Trevi. Che strano dev'essere avere qualcosa di simile nella propria camera, specie se gente come Anita Ekberg decide di farsi il bagno. Ma questa è un'altra storia: lì Fellini metteva in scena un desiderio di innocenza, in fondo, e di libertà. Ora ho finito le monete d'oro. Sono le quattro e faccio una telefonata ad una donna con la voce arrochita. Voglio che mi rassicuri, che mi dica che quelle monete d'oro finite sulla luna, lassù, prima o poi le ritroverò. Voglio che me lo dica, anche se non ci credo. Dall'altra parte della cornetta c'è la voce di chi non dorme e forse ha be

La scuola poetica siciliana

La scuola siciliana nasce alla corte di Federico II di Svevia. Questi,  nato nel 1194 e definito stupor mundi (cioè prodigio del mondo) per il suo amore per la cultura e per la sua intelligenza, eredita dalla madre Costanza d'Altavilla il regno normanno di Sicilia. Succede al padre Enrico VI come re di Germania, ma si trasferisce in Sicilia, soprattutto a Palermo, e si circonda di intellettuali, poeti, filosofi, artisti e diventa il promotore di un sistema culturale, la cosiddetta Magna Curia , senza precedenti, aperto a influenze culturali diverse e molteplici.  Tale ambiente culturale variegato si definisce come cosmopolita .  La Magna Curia era itinerante: si spostava da Palermo a tutta la Sicilia, con numerose puntate nel Sud Italia. Fra coloro che appartenevano alla corte di Federico II vi erano anche i poeti provenzali che ebbero un'influenza determinante nella nascente lirica poetica siciliana. Va chiarito che la Scuola poetica siciliana non è da confondersi c

Bar chiusi? Ad Olbia li sostituisce il consiglio comunale

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In tempi di Coronavirus bisogna ingegnarsi in tutti i modi per far sì che le nostre vecchie abitudini non ne risentano più del dovuto. Ad Olbia, tuttavia, centro conosciuto in tutto il mondo per via dei teatri disseminati nel centro storico - e per il florilegio di culture sopraffine che emergono  quale  diretta conseguenza di tale fenomeno - è fiorita un'idea geniale per ovviare alla dolorosa mancanza dei bar (presenti in gran copia, nel territorio, quasi quanto i teatri e i musei). L'intuizione è tanto semplice quanto figlia, non ne dubito, di lunga gestazione: cari olbiesi, vi manca il bar? Nessun problema, ne creiamo uno che tutti potete frequentare a distanza, seppure da spettatori: il consiglio comunale. Si dice che nel genio ci sia sempre un frammento di divinità, ma qui, sicuramente, l'influenza celeste ha agito in dosi massicce. L'ultima seduta del consiglio comunale, infatti, ha appagato la voglia di bar dei cittadini olbiesi: in tale meraviglioso consess