La notte che si rovescia

Sono le tre e mezzo del mattino. Affacciato al balcone di casa mia gioco a tirare monete d'oro alla luna.
Lo faccio per non perdermi, perché spero passi subito questa sensazione. Mi viene in mente l'immagine di un cantante rock sdraiato sul letto che butta monete, questa volta d'argento, e sente il plof perché finiscono nella fontana, una di quelle come la Fontana di Trevi. Che strano dev'essere avere qualcosa di simile nella propria camera, specie se gente come Anita Ekberg decide di farsi il bagno. Ma questa è un'altra storia: lì Fellini metteva in scena un desiderio di innocenza, in fondo, e di libertà.

Ora ho finito le monete d'oro. Sono le quattro e faccio una telefonata ad una donna con la voce arrochita. Voglio che mi rassicuri, che mi dica che quelle monete d'oro finite sulla luna, lassù, prima o poi le ritroverò. Voglio che me lo dica, anche se non ci credo.
Dall'altra parte della cornetta c'è la voce di chi non dorme e forse ha bevuto. Per questo rassicura. Va tutto bene, sibila amorevole. 
Sarà tutto bello anche laggiù, dove non vedo che il buio?
Nelle sue parole io sento il fumo, gli anni di sacrifici, la maschera, la dolcezza di una mente obnubilata che ascolta e dice tutto ciò che non sa.

Gli effetti della clausura, ovviamente. Una tregua al costante flusso vitale che scorre senza posa.

Dove?

C'eravamo abbracciati, in un raggio di sole...
La voce di mia figlia. La sua canzone. La bambina sale sulla sedia, in punta di piedi si affaccia per vedere quanti colori il mondo abbia. 
Stai crescendo, piccolina. Anche tu corri e correrai.

Gli occhi azzurri di tuo fratello. Dorme. Fra poco si sveglierà e chiederà consolazione alla madre.

Fuori dalla gabbia potranno mai smettere di essere animali e tornare uomini?

I miei 42 anni si rovesciano. Arriva il numero 43, a luglio.
Anche la notte si rovescia.


Sono quasi le cinque. Meglio tornare a letto.
Domani, in fondo, è un altro giorno...

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