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Visualizzazione dei post da luglio, 2013

Il sorriso ebete della Panicucci: metafora della decadenza irreversibile.

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Capito per caso in un soggiorno e per caso mi capita di vedere la scatola magica sintonizzata su Canale 5, la cloaca maxima (dopo Rete 4 e a pari merito con lo scempio Rai) nella quale poter espletare quei fisiologici fabbisogni che annientano l'immaginario dell'uomo italiano. Vedo Signorini raccontare con toni epici la 'carriera' di Federica Panicucci, la quale, compiaciuta da tanto indomito ardire, esibisce un sorriso ebete, impastato di cerone e degno simulacro del vuoto. Il momento più toccante di questa ascesa nell'Olimpo del Nulla è la struggente rievocazione, attraverso immagini che spezzano il cuore e frantumano qualsiasi impossibilità di raziocinio, del taglio di capelli avvenuto nel 1997, mi pare, dell'illustre stagionata. Data storica, Rete 4 batte il record di ascolti, la Panicucci viene ripresa mentre dal parrucchiere la sua chioma fulva viene recisa da un paio di forbici: e la donna piange, esondano stille d'umor di doglia, entro commosse da

La prossima estate

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La prossima estate, ti giuro, ti porterò al mare, passeggeremo ore sul bagnasciuga e poi, a sera, drogati dalla luna, ti dirò che ti amo, che sei bella e pazza. La prossima estate potremo riposarci, vivere pienamente e senza pause tutta la vita che ci grida addosso. E io sarò più sorridente, te lo assicuro, imparerò a genuflettermi alle urgenze dei partiti, alle verità delle fazioni. E nasceranno tanti bambini, noi faremo l'amore tre volte al giorno, persino davanti alla Televisione, persino negando l'innegabile. E saremo ancora più forti di prima. E mi ricresceranno i capelli e il PD riuscirà finalmente a fingere di non fingere di saper fingere di essere qualcosa che abbia senso non solo nella metafisica organicistica di un partito che si autoalimenta del furore che pertiene alla conservazione, ma anche fra chi muore di fame. E pazienza se non riesci a mandare avanti la tua impresa, a dar pane e libri ai tuoi figli: l'importante è non evadere, ma immolarti in nome

Quando il rock si fa chiassoso

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Enden Wilckers e Steve Carrebat di nuovo insieme in una giornata un po' particolare. Di sotto riporto la testimonianza del primo su un pomeriggio in sala di registrazione poco prima del ritiro dalle scene di Guccini (qualche maligno sosterrà che il mitico duo abbia qualche responsabilità in relazione a ciò, ma nelle interviste entrambi rigettano le accuse al mittente, con ghigno mefistofelico). Ora la parola va all'insuperabile Wilckers (e di sotto vi posto una vecchia foto dei due sul palco, un paio di lustri fa). Uno dei giorni che ricordo con maggiore agitazione è senz'altro quel martedì di primavera, quando mi trovavo con Carrebat a fare il mastering di alcune tracce dell'album "Lo steccato". E' il nostro album che parla delle imprescindibili divisioni generazionali e della più alta espressione del disagio giovanile più che dei problemi del nostro cantante con le note alte. Le tracce infatti soffrivano di un fastidioso aliasing sulla co

Ariosto: Alcina, l'illusione e il reale da drogare

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"La bocca sparsa di natio cinabro".  E poi: "Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte; il collo è tondo, il petto colmo e largo: due pome acerbe, e pur d'avorio fatte,    vengono e van come onda al primo margo, quando piacevole aura il mar combatte". E' la Maga Alcina, signora dell'illusione  (rielaborazione della Circe omerica) , personaggio creato da Ariosto nell'"Orlando Furioso". E' la padrona di una Corte che si manifesta, ingannevolmente, come un paradiso. E lei, Alcina, sorella di Morgana e Logistilla, brutta, vecchia e sdentata é la metafora dell'illusione. Nei versi sopra riportati Ariosto descrive come ella, per via delle sue arti magiche, appaia a Ruggero. Più dolce, bellissima e ingannevole è l'illusione, meglio riesce a mistificare il reale, più difficile è non cadere nella sua trappola. Ruggero se ne innamora subito, perdutamente e dopo un banchetto di canti e poesie via