Ariosto: Alcina, l'illusione e il reale da drogare


"La bocca sparsa di natio cinabro". 

E poi:


"Bianca nieve è il bel collo, e 'l petto latte;

il collo è tondo, il petto colmo e largo:

due pome acerbe, e pur d'avorio fatte,   

vengono e van come onda al primo margo,

quando piacevole aura il mar combatte".


E' la Maga Alcina, signora dell'illusione (rielaborazione della Circe omerica), personaggio creato da Ariosto nell'"Orlando Furioso". E' la padrona di una Corte che si manifesta, ingannevolmente, come un paradiso. E lei, Alcina, sorella di Morgana e Logistilla, brutta, vecchia e sdentata é la metafora dell'illusione. Nei versi sopra riportati Ariosto descrive come ella, per via delle sue arti magiche, appaia a Ruggero.
Più dolce, bellissima e ingannevole è l'illusione, meglio riesce a mistificare il reale, più difficile è non cadere nella sua trappola. Ruggero se ne innamora subito, perdutamente e dopo un banchetto di canti e poesie via col gioco: confidare all'orecchio di chi ti sta vicino un segreto. E Alcina e Ruggero si scoprono innamorati e quella notte finiscono a letto insieme.
Ariosto è probabilmente il più grande di tutti nella musicalità dolce che lascia scorrere nei suoi versi quando si abbandona, con disincanto e malinconia, a raccontare le illecebre del sogno, la forza ammaliante della mendace epifania della bellezza. E la realtà è sempre altro, non è sogno, ma Ariosto riesce a sublimare il tutto nella perfezione del suo sovramondo.


Penso spesso ad Ariosto, e tanto anche ad Alcina, alla sua corte, alla sua illusoria bellezza, al suo potere di trasformare Astolfo in mirto. 
Ho pensato tantissimo ad Alcina, anche oggi. In fila aspettavo il mio turno. 
L'inautenticità del mondo degli adulti, spesso, rievoca in me il sogno perduto di Ariosto di un'umanità non schiava delle apparenze, dominata da Ganimedi sorridenti, da ipocrisie e frasi di circostanza.

Ma Alcina mi seduce sempre, inutile negarlo, con le sue labbra corrotte di infidi umori vermigli.

Vallo a spiegare ai burocrati, Filippo, vallo a raccontare ai corifei della tecnologia che scambiano la distopia per utopia. Vallo a urlare ai razionalisti, alienati dalla loro logica stessa, che magari ti individuano pure l'incoerenza di quanto hai appena scritto ma che, con buona pace di geometri, matematici e avvocati, non hanno mai letto e compreso Ariosto. E mai, forse, lo capirebbero.

Uniquique suum.


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