Salvatemi dai poeti di facebook

Salvatemi dai poeti di Facebook, ve ne prego. Dite loro che non basta andare a capo (quasi sempre a caso) per scrivere una poesia.
Salvatemi dalle ragazze innamorate, querule, malinconiose e sofferenti, dai loro tormenti sempre accompagnati da strazi, rimpianti, turbamenti da letteratura d'appendice. Basta con quei gratuiti puntini di sospensione orbitanti nel nulla, tripudio di sciatteria da analfabetismo di ritorno: sono tre i puntini di sospensione, ragazza sensibile e innamorata, non due, non quattro, non cinque. Tre, solo tre.
Salvatemi dai tromboni del verso libero presunto, che accigliati tuonano austeri, fra senari incerti e zoppicanti quinari, che ormai cultura, sapienza e poesia si sono estinte e morte ci attende, da qui in avanti. Deh, Calliope perché il natio cinabro delle labbra tue non sussurra agli orecchi di tal coorte di stenterelli che fia men doglia a questa destinarsi ad altro spasso?
Salvatemi da questuanti trogloditi che anelano alla gloria del "mi piace" in questa cloaca zuccherosa di aneliti rubacchiati dalle righe di qualche 'romanzo' di Fabio Volo, segno e signore di tanta pochezza.
Salvatemi da impoetici cipigli zeusiani, da cretini in mille faccende affaccendati, dagli idioti troppo innamorati di se stessi.
E salvatemi anche dalla dentista che sussurra "mi ho fatto" e che nel suo virile ancheggiare vorrebbe in qualche modo evocare -lei! in lei!- la poesia, ma che intende solo la lingua del denaro e del pettegolezzo.
Salvatemi da tutta questa volgarità, perché, davvero, non ne posso più.


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