Raccontami ancora quell'ultima estate


 Le fasi di passaggio dell'esistenza mi hanno sempre attratto. Quando un ciclo si esaurisce le emozioni si fanno più intense ed accese; negli animi più sensibili, a volte, si alternano languori, vitalismo, fantasie che raccontano desideri e paure. Mi viene in mente che proprio ieri mia figlia Sofia ha completato i cinque anni della Scuola Elementare: se aveste visto che spettacolo di gioia, al suono dell'ultima campanella... se aveste visto con quanta frenesia i bambini si inseguivano e si lanciavano palloncini ripieni d'acqua... se aveste visto come si agitavano per mascherare le lacrime...
La bellezza della festa non è in fondo quella di celebrare un addio? La stagione vecchia muore, arriva quella nuova: è la vita che si rinnova.
Fasi di passaggio. Nel mio ultimo libro ho pensato di raccontare questo: il professore Spersi al suo primo incarico che arriva in un'isoletta periferica; gli alunni di una V di un Liceo Scientifico che si preparano al diploma; il preside Sala colto nell'ultimo anno prima della pensione; Simone Sirena, l'amico del protagonista, il già citato Spersi, che sta per sposarsi, ma ha paura della vita matrimoniale. Ecco il perché del titolo, volutamente lungo: Raccontami ancora quell'ultima estate.
L'estate: quale? Quella vera o quella sognata? Quella che si vive o quella che, in fondo, non si vivrà mai?
E poi: l'isola, con tutte le suggestioni che da sempre evoca. E ancora: la periferia, il malessere, il sentirsi colonia abbandonata al suo destino.
Al centro di tutto, la Scuola: luogo di incontro e aggregazione, luogo che dovrebbe formare ma che a volte sembra irrelato dal resto del mondo, soggiogato dalla burocrazia e dall'ossessione per la tecnologia. Ecco, allora, che il giovane professore rimane spaesato dalla tempesta di acronimi, dal malessere dei suoi alunni e si lascia coinvolgere e poi travolgere dalle storie dei suoi studenti: il rockettaro Riccardo che ha paura del futuro; la rabbiosa Melania che guerreggia con i suoi fantasmi; la sensuale Eva che corteggia Spersi. E, soprattutto, Angelo che dichiara di aver rapito la bellissima Sybil: l'ha conosciuta e poi, afferma, l'ha trascinata nei suoi sogni. Ne è sicuro, perché è scomparsa dalla realtà, ritorna solo se dorme e sogna, ma è tanto triste, per questo Angelo non vuole più dormire.
L'idea del libro è nata proprio con Angelo e Sybil. A loro, a Spersi e a tutti i personaggi della vicenda (compresa la mia amata Godelinde, stralunata attrice con la quale io andrei molto d'accordo) auguro di riuscire a vivere nelle emozioni dei lettori, di andare lontano, di suggerire, di alludere, ma di non spiegare mai: non è per questo che sono nati.
A me auguro, anche attraverso questo libro, che è dedicato al mio secondo genito Carlo Nunzio, una rinascita. 
Scrivo, in fondo, un romanzo sociale intriso di sogni. Sì, il solito vezzo donchisciottesco di continuare a cercare, a credere e a combattere per qualche cosa che non c'è non mi abbandona. Come il mio vecchio vizio del rock. O del western.
Scrivo, a dir la verità, degli ultimi, di quelli che sono fuori fuoco, fuori contesto. 
E, in ultimo, scrivo per quelli come me, incapaci di accettare le sovrastrutture culturali del nostro tempo barbaro, destinati a non far parte di nessuna congrega perché incapaci di farsi servi del potere.

Commenti

  1. Filippo carissimo,
    ...che io avessi stima di te, come persona e come verve creativa, non è roba di questi giorni.
    Era il 2008, quando l'Associazione Amici di Lucia, durante le Estati delle presentazioni dei Libri, affiancarono la presentazione del tuo "Il ritorno della Regina senza testa". Fu l'occasione per conoscerti e leggerti. Per addentrarmi tra le righe, senza soffermarmi granché nei meandri dei motivi del racconto. Da lì in poi ogni tuo scritto è stato un'invito alla lettura, per capire meglio il messaggio espresso e quello celato.
    Aspetto di leggerti e ci risentiamo .
    Con stima e affetto abbraccio te, la mia Maria Grazia e i tuoi due pargoli che sono Musa, punti fermi e stimoli del tuo affascinate groviglio di pensieri.

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