Contro lo snobismo borghesemente antiborghese della "Noia" di Moravia

Il mio credo estetico - anche se detto così sa un po' di trombone borioso - è la negazione della tiepida ipocrisia borghese: il vero genio risiede nella capacità di muovere il pathos, non nel freddo calcolo formale. L’arte è l’atto emozionale che precede, e fonda, ogni pensiero autentico. La letteratura che mi interessa, così come il cinema, non deve informare il cervello, ma colpire al cuore. Se un’opera fallisce nel compito primario dello Spettacolo (come esperienza sensoriale e sentimentale), allora non è che un narcisistico esercizio di stile per la borghesia che si auto-contempla. E qui sta il punto: l'impegno non è un'etichetta sventolata in copertina, ma la verità interiore dell'autore. La critica che eleva la Noia di Moravia a caposaldo è complice di questo gioco: l'accigliato genitore degli Indifferenti, protetto da un coro servile e plaudente di intellettuali che scambiano la distanza chirurgica per profondità, descrive la nevrosi senza contagiarla, offrendo l'analisi impeccabile ma anestetizzata della sua classe, un perfetto esempio di arte didattica e inefficace. Ma il locus veritatis si trova in chi non teme la ferita aperta, e per questo preferiamo l'urlo disperato, viscerale, quasi neorealista dell'anima di Giuseppe Berto ne Il male oscuro: la sua fobia della morte, il suo male di vivere, non è descritto, è incarnato in un flusso che raggiunge una potenza archetipica che la lucidità moraviana può solo invidiare. Per dirla con la filosofia, l'arte deve agire come Dioniso (l'estasi e la carica vitale, l'epos popolare) prima di farsi riassorbire da Apollo (la forma e la critica). Il cinema e la letteratura sono veicoli di catarsi, non di tesi: la seriosità snobistica ed elitaria di Moravia è il nemico da combattere tanto quanto la volgarità intellettuale di chi, in nome del guadagno o del mantenimento dello status quo, offre libri e film rassicuranti e stereotipati: non si sa mai che turbino o infastidiscano le masse addomesticate.

La Scuola come Baluardo Antiretorico?

La Scuola non è semplicemente un luogo di trasmissione del sapere, ma il laboratorio fondamentale per forgiare menti in grado di operare la distinzione cruciale tra l'emozione autentica (che eleva) e l'omologazione (che anestetizza).

  1. L'Educazione all'Emozione: Il compito della Scuola è affinare la sensibilità, insegnando agli studenti a decifrare i sistemi narrativi complessi. 

  2. La Formazione del Gusto: Di fronte alla retorica e ai luoghi comuni la Scuola deve armare lo studente con gli strumenti critici per smontare i cliché e le narrazioni precostituite. Insegnare la letteratura significa preparare alla scelta consapevole. L'allievo deve imparare a riconoscere l'esercizio autocompiaciuto dall'autenticità viscerale di un'opera che, pur essendo scomoda o non allineata, possiede la forza di un impatto duraturo sull'immaginario.

Se si eleva, io credo, il livello di comprensione culturale attraverso lo studio del linguaggio, si creano le basi per una cittadinanza più pronta a cogliere sistemi narrativi complessi e, soprattutto, a rifiutare l'allineamento acritico, sia esso verso un'estetica elitaria o un messaggio conformista. 

Su Moravia mi fermo, ma potrei scrivere a lungo sulle idiozie che ha detto sulla letteratura in genere - e sul Gattopardo in particolare - e persino sul cinema.


E così è: ovviamente, se vi pare.

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