Per tutta la vita
E' un tramonto quello
che si esibisce stancamente di fronte agli occhi di Nicoletta. Una giornata che
muore, identica a mille altre. Lei alla finestra, settant'anni festeggiati da
poco, a contemplare chissà che cosa, lì, nell'orizzonte perduto, forse nascosta
dietro gli occhialoni, forse abbandonata al suo destino.
Indugia ancora, la sera
che cade ha qualcosa di dolce, per lei, sin dall'infanzia.
Si toglie gli occhiali,
vi alita sopra e li pulisce col fazzoletto. Un attimo ancora rubato alle ombre,
poi chiude piano la finestra e si dirige in cucina.
Qui comincia ad
armeggiare, come al solito, per preparare la cena.
Una mano spegne il
televisore. E' quella di Michele, il marito di Nicoletta, uomo corpulento,
anch'egli sulla settantina, abiti sgualciti e grigiastri. Sulla bocca conserva
ancora sparse tracce di una sensualità ormai dolente. Sbadiglia, seduto in
poltrona.
- Andiamo a dormire? -
la domanda di Nicoletta soggiunge priva di colore.
Michele si stiracchia,
non risponde, ma annuisce.
E' l'ora in cui la
notte è più bella, quando i vagabondi cercano nelle stelle la strada da inseguire
e i pazzi chiedono alla luna di non morire.
E' l'ora dei sogni, dei
freni inibitori che si allentano, della nostalgia che assale il respiro di chi
è immerso nel sonno.
E' l'ora dell'insonnia
per Nicoletta, che pensa ai suoi cari, accompagnata dal robusto russare del
marito.
- Sara... - la voce di
Michele sa di bisbiglio.
Nicoletta ascolta.
- Sara... quanto ti amo
- continua Michele.
Nicoletta non vorrebbe
sentire.
- Sara... - la voce di
Michele si abbassa ancora, sul suo volto si disegna appena la linea di un
sorriso... e noi entriamo nel suo sogno: due ragazzi stanno abbracciati e appoggiati
ad un albero... lui è Michele da giovane, lei una ragazza con un cappello
calato a falde larghe, scuro.
Il vento scompiglia i
capelli, il ragazzo chiede alla sua bella di guardare il cielo.
Sara tiene con una mano
il cappello, alza gli occhi, sorride. Ha abiti leggeri, forse di lino, chiari,
la brezza li corteggia, ne fa ondulare i lembi.
- Nessuna nuvola... -
dice il giovane, e stringe a sé Sara e sente il tempo divenire il suo
abbraccio, la ragazza che ride. E il tempo è Michele che guarda Michele.
- Non ci lasceremo mai
- le braccia aperte come per abbandonarsi al vento, come se volesse volare.
E lui chiude gli occhi.
Gli occhi chiusi di
Michele.
Nicoletta, seduta, una
mano sulla fronte, prigioniera nella penombra.
Il ticchettio della sveglia
intorno.
Michele ha smesso di
parlare, ricomincia a russare.
Nicoletta scivola in
posizione fetale, accanto al marito.
Il suo è un pianto
silenzioso.
Nel soggiorno il sole
illumina un bicchiere colmo d'acqua in mezzo al tavolo. Una mano lo afferra: è
quella di Michele, seduto in pigiama e con l'aria assonnata. Beve a sorsi
lenti, lentissimi. Dopo averlo vuotato lo riempie di nuovo e rimane intento ad
osservare l'acqua che il sole colora d'oro.
In quel momento entra
in soggiorno Nicoletta: rossetto bordeaux, cipria, ombretto, mascara e abito da
sera, un elegante ma vecchio tubino nero, non più di moda, ripescato da qualche
armadio.
Michele rimane
impietrito: - Ma come ti sei conciata?
Nicoletta ride nervosa:
- In che senso?
- O stai andando a un
funerale oppure...
- Oppure?
- Beh, tutta di nero,
truccata. Ti senti male? E' morto qualcuno?
- Non ancora -
Nicoletta converte il riso in una smorfia di rabbia.
Michele scuote la
testa, si volta, prende il bicchiere e beve ancora.
Nicoletta passeggia per
il soggiorno, si morde le unghie; si siede, infine, di fronte al marito.
- Non è carnevale,
vero? - chiede Michele, ma sorride e continua - e poi a te il carnevale non è
mai piaciuto.
- Forse la vita è un
carnevale - Nicoletta fissa il vuoto.
- Perché questa
retorica di prima mattina? Che cosa ti è successo?
- Nulla, ho solo capito
che ognuno di noi porta una maschera da sempre...
- Prima la retorica,
ora giochi a Pirandello. Vedi? - insiste Michele - stai male, hai la febbre. Fai
sempre così quando ti sale la febbre. Ce l'avete di famiglia. Ti ricordi tua
madre? Appena arrivava la temperatura a trentotto iniziava a cantare l'inno di
Mameli.
Nicoletta soffia sulle
dita, senza gli occhiali tutto è sfuocato.
- Per non dire di tuo fratello
- continua Michele - lui invece cominciava a imitare Mussolini - ridacchia,
gonfia il petto, scimmiotta la voce del duce: - L'ora delle decisioni
irrevocabili è giunta...
- Smettila!
- Nazionalisti! - Michele
si alza, cerca in un cassetto, fruga, trova un termometro e lo porge a sua
moglie.
Lei si irrigidisce e
gli volta le spalle. Lui rimane in silenzio, il termometro in mano.
Lo squillo del
telefono.
Michele non si muove.
Un altro squillo.
- Ho fatto un incubo
stanotte - dichiara lei, senza voltarsi.
Ancora uno squillo.
Michele cerca con lo
sguardo.
Di nuovo il telefono.
Entrambi come due
statue.
- Ho sognato di morire
- dice lei.
Driiin.
- Sognare di morire
allunga la vita - replica Michele, un passo, ancora un driiin, prende le spalle della moglie, le accarezza.
L'ultimo squillo.
- Perché non hai risposto?
- domanda la donna.
- Il telefono non mi è
mai piaciuto, lo sai...
- Io ho sognato di
morire... e tu?
- Io non mi ricordo, ma
forse era un bel sogno...
Nicoletta si stacca dal
marito, lentamente si avvia verso l'uscita: - Vado in chiesa.
- Vestita così?
- Vestita così!
Nicoletta apre la porta.
Le lacrime le inquinano il trucco, rughe come cicatrici. Rimane sulla soglia,
guarda il cielo affogare nel suo azzurro, stringe la mano sinistra in un pugno.
Quando sta per chiudere la porta dietro di sé Michele la chiama.
Lei si ferma, lui la raggiunge.
- Forse... - comincia
Michele come chi si concentri per ricordare qualcosa di dimenticato - Forse
stanotte ho sognato te...
Nicoletta chiude la
porta alle sue spalle.
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