Da quella discesa laggiù
- Credo che io debba ricominciare dalla campagna.
- In che senso?
- Da quella discesa laggiù, con mio nonno, le mucche portate in fune, l'odore di fieno e di verità.
- La solita ricerca di innocenza, o no?
- Non credo. Molto di più, molto di meno.
- Vago, evasivo.
- Chissà. Pavese faceva dire ad un suo personaggio che la terra era come la donna, bisognava capirla, aveva le sue lune. Oggi, in campagna, in questa domenica di fine settembre, mi ritornava in testa questa frase. E mio nonno. Il suo cappello.
- Il mare all'estate, la campagna all'autunno. Giusto?
- Giusto. Anche se non così schematico. Contano tanto anche le foglie gialle, le frenesie autunnali, l'attesa di una nuova nascita. I tordi, i merli, i funghi. Il cane.
- Hai avuto tanti cani, ricordo male?
- Sempre troppo pochi, per me che li ricordo.
- Dimmi i nomi...
- Virgola, Bobo, Jack, Gilda, Argo, Ulisse.
- Gli ultimi addirittura omerici.
- Al mito non c'è scampo. Come al western.
- Insomma, gira e rigira sempre le stesse cose.
- Credi?
- Sì.
- Sai, una volta sono tornato a casa dopo tanto. Metto piede in paese e vedo Argo che vaga, mi 'sente', mi scodinzola, mi salta addosso e torna con me in cortile. Lo sognavo spesso, nella sua irrequietudine aveva qualcosa di me. Mi rappresentava.
- Ti rappresentava un cane? Bene!
- Anche Ulisse e Gilda avevano qualcosa di mio. In tutti i cani che ho avuto ho sempre riconosciuto qualcosa di me, nel loro comportamento.
- Buffo. Ci sono nascoste quelle allegorie o simbologie che tanto ti piacciono?
- Sbagli. Dico solo che è da quella discesa laggiù che continuo a guardare il mondo, un po' per fuggire nel sogno, un po' quale privilegiata diottria per poterlo comprendere e cambiare in meglio la realtà.
- Donchisciottesco...
- Forse. Ma è la mia natura...
I nostri animali hanno sempre qualcosa di noi. Credo a volte persino il carattere. Un saluto. Kalos.
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