Richiami di luna: L'uomo che lottava con i cani

Mi avvicinai a Marea, ci prendemmo per mano. 
Sipario. 
Applauso. 
E noi sulla scena e io sconvolto dalla bellezza di quella ragazza svestita, con gli occhi carichi di impazienza; la voce, morbida più del miele, le correva via dalle labbra e qualcosa che le saliva dallo stomaco le imporporava il viso. Non era più Giulia, ma Marea, ed era bellissima, provocante, e io ero Ladro di Ombre e volevo stare con lei, spogliarla, fare l’amore e consacrare ogni istante a quella ragazza. 
Le sussurrai qualcosa di tenero e ardito, ma era totalmente prigioniera del personaggio e nessun muscolo tremò; strinse la mia mano così forte che mi convinsi fosse un modo per confessarmi la sua voglia. 
Sentivo il suo profumo profanare la mia tristezza. 
Fra i suoi abbracci, le sue parole, i suoi silenzi, percepivo la vita; lei corse di qua e di là per evitare i nemici. La sua presenza per me era una consolazione e m’invogliava di nuovo a credere in qualcosa. 
Sebbene sconfitto, l’amavo e quel sentimento cominciò a lenire la mia solitudine. 
Irridevo il mio destino di fuga vivendo sul proscenio emozioni e sensazioni che nella vita reale coglievo appena, di sfuggita. 
Richiami di luna? 


Marea, incantevole, si muoveva ubriacata da un potere che le scioglieva le parole sulla bocca tinta d’euforico vermiglio: i suoni si diffondevano sul palco come armonie di note su note e, un po’ alla volta, mi inondarono di un’esaltazione che aveva in sé un retrogusto terribile. 
Attraversavamo la storia sulle ali dell’ebbrezza. E lei moriva, in ogni secondo, del suo talento. E io la seguivo nella sua fuga dal Brigante, la prendevo fra le braccia nella locanda del Corvo Rosso, la ascoltavo discutere con la Marchesa, mi dissetavo con ogni suo respiro e dovevo frenarmi per non gridarle, in lacrime, quanto l’amassi. 
Avrei scongiurato perché i minuti partorissero decenni e i decenni stagioni secolari. 

 (da L'uomo che lottava con i cani, tratto dal capitolo Marea).

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