Dopo il ventennio di censura fascista e il termine della Seconda guerra Mondiale, l'Italia, devastata dalla miseria, e allo stesso tempo attraversata da una voglia prepotente di vivere, si deve scontrare con la nuova censura bigotta e perbenista che tendeva a reprimere il desiderio di libertà e qualsiasi critica al mondo borghese.
La vicenda del fumetto Pantera Bionda - pubblicato nel 1948 dalla casa editrice A.R.C. di Pasquale Giurleo - non è semplicemente la cronaca di un successo editoriale effimero, ma rappresenta una vera e propria ferita aperta nel tessuto sociale dell’Italia del dopoguerra, un’esplosione di vitalità che andò a collidere frontalmente con la volontà di restaurazione di un intero Paese. In quella giungla di carta e china, creata dal segno di Ingam e dalla penna di Dalmasso, si materializzò una sorta di ritorno del rimosso: il corpo femminile tornava prepotentemente al centro della scena, ma come veicolo di desiderio, forza e autodeterminazione. Pantera Bionda, con la sua chioma sciolta e il suo succinto costume leopardato, viveva nella giungla e aveva un compagno, Fred, che faceva ciò che lei gli ordinava e aveva un ruolo secondario. La donna combatteva contro i nemici (soldati giapponesi, trafficanti di armi) e si palesava come l’incarnazione di una esuberanza atletica e anche erotica che non chiedeva permesso a nessuno. Proprio per questo divenne il bersaglio di un’alleanza censorio-pedagogica che vide unite le due grandi forze apparentemente contrapposte del tempo: la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano. Ciò che spaventava la prima era la 'sconveniente' eversione della morale cattolica e dei valori del focolare. La protagonista, infatti, conduceva la sua esistenza fuori dal sacro vincolo del matrimonio e lontana da ogni prospettiva di domesticità borghese e questo era percepito come un attentato alla stabilità della famiglia cristiana, cellula base del nuovo ordine sociale che la DC intendeva blindare come argine al caos post-bellico e al pericolo rosso. La famiglia doveva essere il luogo della gerarchia e della procreazione disciplinata, mentre la giungla di Pantera Bionda era il luogo della pulsione pura, priva di altari e di stati civili.
In questo clima di sospetto, si assistette a un passaggio di testimone inquietante: dalla censura fascista, che aveva colpito il fumetto americano in nome di un'autarchia nazionalista e del decoro del regime, si passò a quella democristiana che, pur mantenendo gli strumenti repressivi del Codice Rocco, ne spostò l'accento sulla salvaguardia della 'morale pubblica' e dell'innocenza dei minori. Se il Fascismo temeva lo straniero e la contaminazione culturale, la DC avversava il desiderio come forza disordinata e ingovernabile. Fu così che venne imposto il Marchio di Garanzia Morale, un bollino che fungeva da lasciapassare etico, costringendo gli editori a una castrazione preventiva dei contenuti per non incorrere nel boicottaggio delle parrocchie o nei sequestri dei tribunali.
Anche a Sinistra, d'altro canto, l'eroina scalza era una deviazione edonistica pericolosa perché percepita come sottoprodotto della cultura americana (le jungle girls, infatti, oltreoceano erano da diversi anni protagoniste dei fumetti).
Un importante elemento di rottura, quello che faceva tremare le fondamenta del patriarcato, era la violenza di cui Pantera Bionda si faceva portatrice. Lei non era la vittima in attesa di soccorso, ma un’amazzone che lottava con ferocia, che usava le mani, i piedi e il pugnale per abbattere i propri nemici. Il fatto che una donna potesse uccidere, e farlo senza mostrare pentimento o fragilità, ribaltava completamente il canone biologico e sociale imposto: il corpo femminile si trasformava in arma letale.
Particolarmente ossessiva era la preoccupazione pedagogica rivolta ai lettori maschi: si temeva con angoscia che la visione costante di quelle anatomie prorompenti e di quelle pose plastiche invogliasse i ragazzi ad abbandonare la via della castità capace di minare la tempra fisica e morale delle nuove generazioni. Pantera Bionda veniva dipinta come una sirena tentatrice che portava la corruzione tra i banchi di scuola, distraendo i giovani dai sani valori dello sport e dello studio per trascinarli in un labirinto di fantasie morbose. Allo stesso tempo, il fumetto era considerato micidiale per le ragazze perché offriva un modello di identificazione diverso dal solito. Una bambina o una ragazza che leggeva Pantera Bionda vedeva una donna che non aveva bisogno di scarpe né di padroni, e che traeva forza dal contatto fisico con la Natura. Un nuovo modello, insomma, che riscattava quello della donna sottomessa dal regime fascista.
Sotto la superficie dell'avventura esotica, pulsavano anche riferimenti che la censura percepiva come profondamente - ed esageratamente - torbidi: la fisicità esasperata degli scontri tra donne, con i corpi che si avvinghiavano in lotte prolungate, evocava un'intimità eversiva e omoerotica, un lesbismo implicito che escludeva lo sguardo maschile dal centro del piacere o della tensione. A questo si aggiungeva un'estetica della cattura e della punizione che flirtava con dinamiche sado-masochiste, in cui le catene, le corde e la resistenza al dolore diventavano per occhi pletorici, reazionari e moralisti come pruriginosi. Si aggiunga, infine, che la protagonista picchiava anche gli uomini e li prendeva a pugni (quando non li uccideva con il suo pugnale) e ci si renderà subito conto di quanto potesse essere disturbante per i Soloni del culto del decoro di facciata.
La casa editrice e Giurleo furono costantemente e biecamente perseguitati con il pretesto di un'ortodossia morale che nascondeva, in realtà, una viscerale carica regressiva e che voleva impedire qualsiasi cambiamento nella società italiana. Tutti dovevano, insomma, rimanere al proprio posto, indossare la maschera borghese e piegarsi al potere della Chiesa e della DC, con l'assenso delle forze di Sinistra.
La conclusione di Pantera Bionda rappresenta uno dei capitoli più malinconici della storia del fumetto italiano, una vera e propria resa incondizionata alle logiche della restaurazione morale.
La trasformazione finale dell'eroina non fu un'evoluzione narrativa, ma una mutilazione sistematica della sua identità sovversiva. Nelle ultime serie, quella selvaggia che aveva dominato la giungla correndo in bikini e sfidando ogni convenzione fu letteralmente trascinata dentro i confini della civiltà borghese.
Il segno più evidente della sua capitolazione fu l’imposizione delle scarpe: i piedi nudi, simbolo di un contatto primordiale e sensuale con la terra, vennero costretti dentro calzari e stivaletti, spezzando quel legame totemico con la natura che l'aveva resa unica. Parallelamente, il celebre bikini di pelle di leopardo venne sostituito da vestiti occidentali sempre più accollati e castigati; Pantera Bionda iniziò a indossare gonne e camicette che ne annullavano la carica erotica, trasformandola in una rassicurante figurina da fotoromanzo.
Con il vestito, cambiò anche l'azione: le lotte feroci e i duelli all'ultimo sangue lasciarono il posto a dialoghi didascalici e avventure edulcorate. La violenza risolutiva, che un tempo la vedeva uccidere i propri oppressori senza rimorso, svanì per far spazio a una condotta mite e sottomessa. Il colpo di grazia fu il matrimonio con Fred: l'unione venne celebrata per regolarizzare quella convivenza che tanto aveva scandalizzato la Democrazia Cristiana, trasformando l'amante selvaggio in un marito protettivo e l'amazzone indipendente in una sposa devota.
Divenuta ormai innocua, privata del suo pugnale e della sua libertà sessuale, Pantera Bionda cessò di essere un pericolo per le autorità, ma smise anche di essere interessante per i lettori (era arrivata a vendere più di centomila copie, prima che venisse normalizzata). Il pubblico, che l'aveva amata proprio perché rappresentava il proibito, il nuovo e la ribellione, non riconobbe più nulla di autentico e di stimolante in lei. Le vendite colarono a picco nel giro di pochi mesi; l'eroina si ritrovò ignorata dalle edicole. Nel 1950, la testata chiuse definitivamente i battenti: la censura aveva vinto, non sopprimendo il fumetto con la forza, ma svuotandolo dall'interno fino a renderlo inutilmente rassicurante.
Rassicurare è l'arma che, ieri come oggi, il Potere utilizza per celebrare l'immobilismo e impedire che qualsiasi dissenso nasca, cresca, metta in crisi lo status quo.
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| La bellissima e sfortunata Pantera bionda, vittima del finto perbenismo reazionario del Dopoguerra, a cui va tutta la mia simpatia. |
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