Disavventura in viale Aldo Moro
Cammino per viale Aldo Moro ed ecco che qualcuno mi saluta. Mi fermo, stringo gli occhi disturbati dal sole e ricambio il saluto.
- Come stai? - mi chiede un tipo abbracciandomi.
- Bene e tu? - rispondo sorridente. Peccato, però, che mi venga in mente solo il nome di sua moglie e non il suo. Mordicchio le labbra e cerco di ricordare.
- Come stanno tua moglie e i tuoi figli? - continua lui, mettendo le mani sui fianchi, in attesa della risposta.
- Bene, grazie - replico sempre più infastidito dal fatto che mi sfugga il nome, ma riprendo fiato e ribatto: - e tua moglie e tua figlia? Tutto bene?
- Tutto ok, mia moglie sta lavorando e con questo caldo non sarà particolarmente allegra. E tu con il lavoro?
Ribatto sul caldo e sul lavoro e, nel frattempo ,me la prendo con il mio solito difetto di non ricordare i nomi.
Intanto, mentre noi due chiacchieriamo si avvicina un ragazzo sulla trentina e si ferma vicino a noi e ascolta e, mi pare, aspetta qualcuno.
E così continua la nostra conversazione, va avanti nella cordialità e con riferimenti all'umidità. Ad un tratto quello, con un sorriso, mi domanda: - E Luciano come sta?
Io mi sento appena trasalire: Chi è Luciano? A chi si riferisce? Stai a vedere che ora ne combino un'altra delle mie. Eppure, ci metto tutte le mie forze, ma non mi viene in mente nulla e allora, con un velo di imbarazzo, sussurro: - Luciano chi?
Quello aggrotta la fronte, stringe gli occhi, mi fissa un attimo e poi mi dice il cognome.
- Non lo conosco - affermo dopo alcuni secondi di inquietante silenzio.
L'altro si mette una mano in testa e mi chiede: - Ma tu non sei quello che lavora in Comune?
- No - ribatto perplesso, poi lo scruto e con un brivido gli domando: - Ma tu non sei il marito di Rosa?
- No - dichiara l'uomo, non riuscendo a mascherare un certo impaccio.
Ecco perché mi sfuggiva il nome! Allora mi viene da ridere e quello sorride per cortesia e io esclamo: - Ah, non ci conosciamo.
- Mi scusi - fa quello grattandosi la nuca - l'avevo scambiata per un altro.
- Anche io - rido e ride anche il trentenne che ascolta la conversazione - vabbè, almeno ci siamo conosciuti. Anzi, mi presento: piacere, Filippo.
Quello mi dà la mano, mi dice il suo nome (che ovviamente nemmeno sotto tortura ricorderei), mi saluta e se ne va un po' impacciato.
Nel frattempo il tizio che se la spassa vicino a noi ha trovato compagnia e racconta ad una ragazza il dialogo a cui ha assistito definendoci, a bassa voce, con un aggettivo non proprio edificante, appartenente al registro più basso.
Ancora mezzo confuso, tossicchio per darmi un tono fintamente aristocratico e mi allontano dalla coppia sghignazzante, verso l'orizzonte che mi riserverà chissà quali altre mirabolanti avventure.
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Viale Aldo Moro, teatro dell'assurda conversazione con un estraneo |
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