Nostalgia di mio padre

Fra pochi giorni sarà di nuovo primavera. Ascolto le note di Morricone, quelle di C'era una volta il West, e penso a te che non ci sei.

Quest'inverno assassino mi ha strappato la tua ironia e il tuo sorriso, la tua intelligenza e la tua sensibilità.

Ritorno bambino nel ricordo, rivedo noi due per la campagna e con il cane. Tu con il fucile, i capelli ondulati scuri, la voce di chi sa far innamorare raccontando favole. Io felice di essere con te, il mio eroe. Rammento l'attesa e la promessa di un piacere che non si sarebbe mai potuto volgere in dolore. Vedi? Cito Il gattopardo e subito mi viene in mente la mia tesi di laurea dedicata a te.

Sono tornato ieri in Sardegna. Per mare ripensavo ai nostri viaggi. Nei giorni a Roma sono stato forte, anche a sera, quando il dolore avvelena il sangue e la nostalgia artiglia il cuore. Una notte, però, ho faticato a dormire: quelle immagini non riuscivo a cancellarle e sono stato a lungo seduto sul letto in preda a tante, troppe emozioni. Ho pensato anche che i più sensibili sono fragili e vanno protetti: in una società capitalistica come la nostra chi li difende? Eppure hanno quel qualcosa in più che li rende speciali e, per questo, vulnerabili.

Spesso mi chiedono da che parte sto. Mi dicono che tra allegorie, metafore e ironia questo non è chiaro. Mi vien da ridere. Sto dalla parte sbagliata, sempre. Io che da bambino venivo chiamato mafioso dalla mia maestra perché figlio di un siciliano che cosa potevo diventare se non quello che sono? Sto dalla parte delle minoranze, dei diversi, degli scartati, dei reietti. Dei più sensibili, di quelli che amano la poesia. Sto dalla parte sbagliata: non con il potere perché questo, così mi ha insegnato Sciascia, è sempre inevitabilmente violento. Detto così sa di donchisciottesco: sorrido, riconosco la differenza tra giganti e mulini a vento e non sono un eroe, né mi va di prendermi sul serio. Si deve prendere sul serio quello che si fa, non sé stessi, a mio avviso. Ho stima di chi lotta per portare avanti qualcosa in cui crede e lo fa senza esibizionismo: non c'è bisogno di condividere qualsiasi piccola buona azione, così come aggiornare sempre tutti con foto per certificare viaggi o immortalare pranzi o cene (questa è davvero una pratica per me tra le più disgustose e barbare). Il pudore è una qualità che mi sembra sempre più rara, di questi tempi. Dov'ero arrivato? ah, sì, da che parte sto: non ho senso di patria, ritengo ridicolo l'inno di Mameli, non mi emoziona il tricolore e giudico il nazionalismo una delle più grandi idiozie della Storia dell'umanità. E soprattutto non mi interessa definirmi, lascio che lo facciano gli altri, se ne hanno tempo e voglia.

Divago, come al solito, mi perdo. 

- Stai con i piedi per terra, così non ti potrai mai perdere - mi avevi detto una notte d'estate. Era il 2001, la sera a cena avevamo visto C'eravamo tanto amati, il capolavoro di Ettore Scola e io, immaturo, avevo trasformato la delusione rappresentata in quel film per il fallimento delle istanze rivoluzionarie figlie della Resistenza in una sorta di categoria dello spirito elegiaca, pronta a giustificare i miei languori decadenti. Mi avevi fatto battere forte i piedi per terra per scuotermi, mi avevi spiegato che l'opera di Scola andava contestualizzata ed era figlia di un preciso periodo storico e non potevo trasformarla nel copione emotivo della mia esistenza. Poi abbiamo guardato il cielo. Quante cose mi hai insegnato... 

Quanto mi manca starti ad ascoltare...

Eppure vivi in me, in quello che faccio, quando spiego la poesia, quando guardo i 'nostri' film o parlo a Sofia e a Carlo Nunzio o, come adesso, mentre scrivo.

La musica di Morricone è finita. Il mio cattivo umore di oggi si è fatto appena meno aspro.

Penso alla primavera che verrà.

La nostalgia continuerà a fiorire sulle strade che si fanno amiche dell'orizzonte e mi suggerirà dove devo andare.

Ciao papà.





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