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Visualizzazione dei post da luglio, 2025

Raccontami il mare

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Non so come sia capitato quaggiù. La stanza è grande, colorata e io sento una bellissima musica: è un sassofono che mi rassicura e mi invita ad andare, a cercare, a non fermarmi mai. Che allegre queste mattonelle a quadri rossi, verdi, azzurri, gialli. Chi sa chi ha pensato questo luogo così piacevole e strano... Il sassofono mi dice vai, guarda che oltre quella porta c'è qualcosa di bello, non avere paura, non lasci niente e nessuno, ritrovi soltanto quello che ti piace, quello che sei stato e che, nonostante tutto, continui ad essere: un sognatore. Non ci puoi fare niente, mi suggerisce quella melodia, se a volte il grigio intorno ti soffoca, se sembra che ti tolga ogni certezza per consegnarti al nulla della morte, non è colpa tua se da sempre, da quando eri bambino, ami incantarti, fantasticare, ascoltare e raccontare storie. E se il sassofono fosse nella mia testa? Vado, cullato da quella promessa di bellezza, e penso ai miei figli, al giorno in cui sono nati e li ho presi in ...

La mia sirena

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La mia sirena non ha età, non ha nome. Mi aspetta, stanca di sole, fra gli scogli di quell'isola che so. Ascolta il suono del mare e non ricorda nulla: chissà, forse per questo quando sorride non sembra felice, ma solo innocente, immortale. Lei mi aspetta, anche se dimentica sente che sbando, che prima o poi ritornerò da lei. Per un giorno, un'ora, un secondo. O per sempre, che poi, in fondo, non fa tanta differenza, il tempo non esiste, è solo movimento a largo, onda su onda, mare aperto, nessun bisogno di sognare. Lei sa che mi tradirà sempre. Ed è per questo che non potrò fare a meno di lei, del mio errore. Sa che ho due figli che amo infinitamente: sorride. Mi sfiora la fronte con due dita, contenta.  Le dico della mia ferita che non si può rimarginare, tace, non può fare nulla, se non donarmi la sua solitaria voluttà. Non ha manuali da leggermi, la luna le ha accecato la memoria e sa benedire quel mio vecchio vizio. Quando precipito laggiù per la tempesta ...

SuperMarilyn

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 Non sarebbe bello se esistesse una nuova supereroina? Una che avesse come poteri straordinari la tenerezza, la dolcezza, la poesia del sorriso? Vi immaginate se al posto dell'insopportabile Superman (ancora al cinema, in questi giorni, e non se ne può più) ci fosse, che so, SuperMarilyn? Il potere della tenerezza: che cosa c'è di più nobile? Quella che manca a chi uccide in nome di non so quale assurda giustificazione. Quella che ti fa crescere i figli e ti invoglia a sentire il dolore dell'altro e a misurare te stesso in base alle virtù e ai vizi del prossimo. E la dolcezza? Dove la mettiamo? Quella che ti fa amare la vita perché in ogni secondo in lei scopri un battito nascosto, meraviglioso ed effimero, stordente ed incantatore? Quella che fa innamorare di una ragazza dallo sguardo limpido. Quella che ti spinge a guardare i bambini mentre giocano. E la poesia del sorriso? Esiste qualcosa di più prezioso di chi, in questa frenetica corsa e folle, ti sorride, improvvisame...

Dubbi esistenziali di una capra: sopra o sotto la panca?

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  C'era una volta una capra.  Non una capra qualunque, ma una animata dal vezzo di voler essere artefice del suo destino. Aveva scelto, con piena coscienza, di vivere sopra una panca. Perché? Facile: "Sopra la panca la capra campa". E l'allitterazione — quel dolce scivolare delle consonanti uguali — la faceva sentire al sicuro. Panca , campa : sembrava che l'universo stesso avesse architettato un gioco di suoni per garantirle la sopravvivenza. Un giorno, per curiosità o per noia, la capra provò a scendere sotto la panca. E lì iniziò il dramma. Sotto la panca , infatti, "la capra crepa". Una frase dura, secca, senza la dolcezza della "m". La "r" di crepa morde, graffia, frantuma. L’allitterazione svanisce, e con essa, forse, anche la fortuna della capra. Ma era davvero solo una questione di fonetica? O c’era dell’altro? Alcuni linguisti da stalla dissero che la colpa era tutta della posizione subalterna . Sotto la ...

Sergio Leone: mito e poesia

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Scrissi una pagina - una sola - in cui ragionavo sulla rappresentazione dei cattivi nel cinema di Sergio Leone. Era il 2013, un giorno in cui mio padre aveva un esame importante a Sassari e io, che di solito lo accompagnavo, ero dovuto rimanere a casa a tenere la mia piccola Sofia. Quella pagina era la mia reazione all'idea della malattia (implicitamente anche della morte) di mio padre. Un modo per ritornare indietro nel tempo quando, da bambino prima e da ragazzo poi, guardavo con lui i film e quelli del grande regista romano in particolare. La mia fascinazione per la favola e il mito sono anche il frutto del mio rapporto con papà, da sempre guida, faro illuminante, modello. Anzi, solo ora capisco che potevo permettermi di essere così indolente e bizzarro, sopra le righe o trasognato perché era la sua presenza che mi rassicurava. Ho sempre, in fondo, coltivato l'idea di girare un western per sentirmi in piena simbiosi con mio padre. Circa un anno fa, mi pare, forse un po' ...