C'era una volta Claudia Cardinale
La prima volta che la vidi ero bambino: in bianco e nero, imbronciata eppure così irresistibile, era la Carmela de I soliti ignoti del mai troppo rimpianto Mario Monicelli.
Claudia Cardinale aveva qualcosa di stregonesco sospeso tra malinconia e sensualità; labbra tinte d'impudichi rimpianti, era la giovinezza e l'urto della vita.
Per me, di una vita quale autostrada infinita di gioie, scoperte, piaceri.
Poi sarebbe diventata il mio sogno, lentamente, crescendo, dopo averla vista, capita e sentita nel grandioso C'era una volta il West, del mio Sergio Leone. Per sempre la musica di Morricone nella memoria si sarebbe intrecciata al suo arrivo alla stazione: la promessa di un piacere che non si sarebbe mai potuto volgere in dolore, come scrive Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo. Eppoi a lei che guerreggia nel letto con il sadico Frank oppure alla fine, quando aspetta che Armonica le dica qualcosa e che si fermi con lei.
L'avrei vista trasformarsi via via in Angelica nel Gattopardo marxista di Visconti; nella principessa Dala nella Pantera rosa del geniale e anarchico Blake Edwards; nella fiera amante di Raza nel western terzomondista I professionisti di Brooks; e poi sfuggente sirena per Fellini. E in tanti, tantissimi altri film.
Claudia Cardinale ha scandito il ritmo della mia vita: le tappe del mio percorso esistenziale sono strettamente intrecciate alle pellicole a cui ha preso parte, in maniera così profonda che non avrebbe senso spiegarlo.
Basti solo sapere che mi sono sposato con la musica di C'era una volta il West (come ho detto in qualche intervista rilasciata da poco, in relazione al libro Sergio Leone: mito e poesia).
Si sa, io sono di quella razza sbagliata che vive come se non volesse mai morire.
Uno di quelli che immagina che verrà un tempo in cui uscirà al cinema l'ottavo straordinario film di Sergio Leone, ancora con le musiche dell'immortale Ennio Morricone.
E io e mio padre - io bambino con negli occhi la poesia dei miei figli - seduti in un cinema a guardare e a vivere un piacere che non si potrà mai volgere in dolore.

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