Mia nonna e il pugile nigeriano Ayo Ndubuisi

 Mia nonna ha novantacinque anni compiuti.

Da qualche mese è diventata amica e confidente del ventisettenne pugile nigeriano Ayo Ndubuisi. Insieme siedono sul divano dopo un allenamento di lui, godono il crepitio del fuoco e discorrono amabilmente di politica e di religione, di dermatite atopica e dell'artificio della regressione nel Verga verista.

Ayo ascolta rapito i discorsi di mia nonna: la saggezza degli anziani è sempre miele per il cuore di chi ha l'animo nobile e gentile.

E mia nonna, a sua volta, apprezza lo spirito di sacrificio del pugile, i suoi allenamenti all'alba, le corse in periferia. Quel lambire i campi e sedurre la fatica con il sogno sono un balsamo che anestetizza ansie e timori.

Ogni tanto le loro parole scivolano, in una soffio d'amarezza, sul comportamento del nipote della donna: un bravo ragazzo - sì, certo, non si è mai sballato - però potrebbe fare di meglio. Refrattario a lasciarsi incasellare in qualsiasi etichetta, totalmente indifferente alle sovrastrutture dell'immaginario borghese, continua a vedere nel gioco e nella fantasia la sua salvezza.

Qualche volta Ayo, mostrando con orgoglio tricipiti e adduttori, mormora qualcosa di commovente sui tempi andati, sul mondo sano e non corrotto, sul privilegio delle giraffe di poter guardare più lontano degli altri animali.

Ma il momento più dolce, quello che nessun poeta potrebbe raccontare, arriva quando mia nonna prende la Nuova Sardegna e inizia a leggere articoli sulla frizzante e intellettualmente stimolante politica gallurese.

I due, allora, persi nei sogni più diversi, mentre un grillo canterino ricorda la favola di Pinocchio, chiudono gli occhi e lasciano che Morfeo sciolga le sue seduzioni per consegnarli alla voluttà del sonno.



Commenti

  1. Non si capisce più cosa è vero e cosa no. Per fortuna so che tua nonna è sempre stata appassionata di pugilato.

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