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Visualizzazione dei post da aprile, 2025

Danza sporca: trasgressione e rock

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 Il sole, la lacrima, la primavera. Sbandamento, smarrimento. La chitarra distorta. Il rock, la corsa, la trasgressione. Nessuno ci fermerà. E l'urlo sale, graffiante, sale pazzo, corre, vibra nel cielo. La trasgressione è paura di morire. Paura di morire. L'acqua e il fuoco: non la sintesi.  Il giullare anarchico e l'intellettuale borghese. Buoni consigli, buoni propositi, bei sorrisi. L'Intelligenza artificiale, la tecnologia, maremoto. La danza è sporca. Parlami delle tue certezze, ricordati che sono scisso, che Pinocchio è così e non lo ha voluto lui. Balla questo ballo: sballo collettivo, occhi sui cellulari, droga da regalare ai bambini.  Aumentano i ricoveri nei reparti di neuropsichiatria infantile. That's right . Oh, ma quante paroline da regalarci quando siamo tutti nel nostro abito su misura. Ma pulsa il selvaggio: lo vedi il sangue? Si spacca il pavimento, le crepe sono gli strilli di quelle radici che non si possono più fermare. In crescita i guerrafond...

Nella notte il tuo canto

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  Sono le cinque del mattino. La notte si prepara ad essere un ricordo: l'ora peggiore, per me, è tra mezzanotte e le due, se mi sveglio in quell'intervallo di tempo so che non sarà piacevole.  Mi alzo, mi muovo nel buio ed ecco il canto di mio padre. Lo sento nitido, lo rivivo come se fossi tornato indietro di tanti anni. Ho in testa una canzone napoletana ironica che ben lo rappresentava.  Dio mio, non sembra vero. Mi affaccio alla finestra: il nero dei tetti, laggiù, mi stordisce. Riprendo a camminare. E la melodia non si ferma, eco di una vita perduta che continua dentro di me, negli occhi dei miei figli, nel loro sogno di futuro. La primavera mi assale con i suoi graffi, ma questa volta nessuna ebrezza ad addolcire la stagione. Altri giorni, altre primavere, altre immagini s'inseguono, s'accavallano, si confondono nella mia mente. Io e mio padre andiamo con il cane per la campagna. Il verde nei nostri passi. Il profumo silenzioso del vento. E intanto il canto è nel...

Basta autocelebrazioni! Viva l'autoironia (e chi sa ridere di sé)

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  Da sempre l'autoironia, per me, è un modo salutare di mettersi in discussione e di non prendersi mai troppo sul serio (dico sempre che bisogna prendere sul serio quello che si fa, non ciò che si è). Spesso mi chiedono come mai rida o sorrida così spesso di me e una volta una persona molto seriosa mi ha anche detto che il mio atteggiamento potrebbe essere indice di insicurezza: se anche fosse, che male c'è ad accogliere e riconoscere tale sentimento umano?  Devo aggiungere che a spingermi a fare largo uso dell'autoironia è anche la profonda noia che mi suscitano i narcisisti, quelli che ci tengono costantemente a dire quanto sono bravi, amati, lodati, straordinari et similia . E che si offendono se non li esalti: per carità. Fra l'altro, le persone più brillanti che ho conosciuto scherzano su di sé, non hanno bisogno di lodarsi. E poi: siamo esseri mortali e finiti, come non sentirsi ridicoli di fronte al tempo che passa e tutto travolge se, tronfi, ci ergiamo a pontif...

Ricordo di Martine Frey

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Apprendo oggi con grande dispiacere della scomparsa della giornalista Martine Frey. Era donna donna di grande garbo, sensibilità, intelligenza e simpatia. Dopo aver presentato il mio secondo romanzo C'era una volta la Rivoluzione " eravamo diventati amici. Ci capivamo perché entrambi giocavamo a essere ironici e a non prenderci troppo sul serio. L'ultima volta che ci siamo sentiti è stato due anni fa. Lei mi aveva chiamato per congratularsi per il mio ultimo libro, Raccontami ancora quell'ultima estate , e poi avevamo chiacchierato a lungo di scuola, di scrittura e mi aveva chiesto consigli per la sua adorata nipotina che frequentava le scuole Medie. Ricordo poi che mi aveva passato al telefono anche sua figlia. Ci mancherai, Martine, ma non ti dimenticheremo. Con Martine, durante la presentazione alla biblioteca Simpliciana, gennaio 2014. Ho avuto l'onore e il piacere di essere letto da lei. Avevo chiesto proprio che leggesse lei un passo a sua scelta del mio libe...

Il mio nuovo libercolo è all'orizzonte

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  Non avrei mai pensato che il pdf del mio nuovo libercolo mi sarebbe arrivato ieri, domenica delle palme. Festeggiavo il compleanno di mio nipote Giovanni (già dieci anni, mi sembra appena qualche mese che è venuto al mondo...) e nella mente avevo ancora il sogno mattutino: incontravo papà che, con signor Vito, usciva dal cancello di casa. Ero felice di vederlo. Sorrideva e mi diceva che stava bene. Aveva una camicia bianca e una giacca nera. Che nostalgia. Oggi ho portato la mia classe ad un incontro per la sensibilizzazione contro la mafia. Ho visto i resti di una vettura della scorta di Falcone dopo l'attentato di Capaci. Rimani senza fiato quando le immagini sono vere, non filtrate dalla televisione. Poi, al Museo Archeologico, ha parlato la vedova Montinaro, moglie di uno dei giovani poliziotti rimasti uccisi nella strage. Che grinta quella donna. E quanto dolore. Ho pensato alla linea della palma descritta di Sciascia: papà me ne parlava sempre sin da quando ero piccolo. La ...

Parla la signora Pace: il rock di Filippo mi spappola il cervello

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  La prof.ssa Maria Grazia Ledda, moglie di Filippo Pace Professoressa, come mai ha deciso di rilasciare quest'intervista? Perché voglio che finalmente la gente sappia. Sono stanca. In che senso? A che cosa si riferisce? Vede, io amavo la musica di Mango e in genere il pop oppure le canzoni di forte portata melodica come quelle cantate, per esempio, da Elisa o Giorgia. Da quando sono con Filippo mi tormenta con il rock. Badi bene, non solo quello in generale, ma proprio il suo, quello composto da lui. Si spieghi meglio... Avrà composto un centinaio di pezzi, quasi tutti agitati, irriverenti o sopra le righe. Non ne posso più, mi spappola il cervello. Dopo aver registrato le sue canzoni me le spara in macchina a tutto volume. Queste urla e queste chitarre distorte mi ubriacano. Non dev'essere facile, immagino. Non ne posso più. L'ho invitato e frequentare anche altre donne per canalizzare in maniera meno dolorosa tutto ciò. Interessante: lui come ha reagito? Mi ha risposto c...

L'ora buca, i colloqui e i ricordi del bambino che fui

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  Durante l'ora buca passeggio per i vicoli del centro storico di Olbia. Sono passati troppi anni da quando ero bambino e seguivo mio padre in quella che per me era una giornata di vacanza. Saltavo, infatti, un giorno di scuola e andavo con papà e stavo con lui nelle sue classi, lo ascoltavo spiegare, guardavo i suoi alunni che mi sembravano così grandi. Io ero felice, lui mi presentava ai colleghi, scherzava e si divertiva davvero. Poi, passavamo al mercato, quello che ora non c'è più, e prendevamo qualcosa e lui chiacchierava con tutti ed io, timido, provavo una sensazione di benessere che mi veniva dalla sua voce teatrale, dalla sua sicurezza, dal suo amore per la vita. Oggi le strade sembrano affogare nel vuoto di un presente che mi frastorna. Non avrei mai pensato di poter esperire una così lacerante crisi di senso. Le note di un contrabbasso che tessono melodie cariche di malinconia evocano il cinema e una tristezza infinita mi corre nelle vene. C'è un palazzo abbando...

Quando la mia maestra mi chiamava mafioso

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  Piccolina, con le scarpette con il tacco, pia, devota e per cinque anni sempre pronta a schiaffeggiarci e a tirarci i capelli quando non capivamo qualche cosa o chiacchieravamo: era questa la mia maestra. A dire la verità era già allora politicamente corretta: malmenava, infatti, solo noi maschietti perché, diceva sospirando, le femmine non si toccano nemmeno con un fiore. Ad animare il suo innovativo metodo didattico in quel quinquennio 1983-1988 erano i suoi furori religiosi. Mentre ci picchiava, infatti, invocava i santi: Santu Paulu beddu , Santa Maria, Sant'Antoni meu e Santa Rita da Cascia. In realtà quest'ultima, per me, era la più temuta perché mi pareva che le affiorasse alle labbra nei momenti di maggior furore e le trasformava le manine in pezzi di marmo. Noi avevamo imparato a nasconderci il capo fra le mani, soprattutto per difenderci i capelli e le orecchie, da lei sempre presi di mira con perizia feroce. Ma non è questo il punto. A me, a noi, credo, pareva nor...

Per una teoria marxista della stitichezza

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 Io non sono certo un filosofo, però credo che si debba colmare una lacuna importante, inesplorata nella teoria marxista. Mi riferisco alla stitichezza: questa può essere vista, infatti, come una manifestazione della lotta di classe, una rappresentazione della contraddizione tra le forze produttive e i rapporti di produzione. In una società capitalista, la stitichezza può essere equiparata ad un'espressione della alienazione del lavoratore dal suo corpo e dalla sua salute. Il lavoratore è costretto a lavorare in condizioni di stress e di fatica, senza avere il tempo e le risorse per prendersi cura della sua salute. La stitichezza è quindi un'espressione della contraddizione tra la necessità del lavoratore di lavorare per sopravvivere e la sua incapacità di controllare le condizioni del suo lavoro. Inoltre, la stipsi può essere un'espressione della lotta di classe tra la borghesia e il proletariato. La borghesia, che controlla i mezzi di produzione, può permettersi di avere...