Basta autocelebrazioni! Viva l'autoironia (e chi sa ridere di sé)
Da sempre l'autoironia, per me, è un modo salutare di mettersi in discussione e di non prendersi mai troppo sul serio (dico sempre che bisogna prendere sul serio quello che si fa, non ciò che si è). Spesso mi chiedono come mai rida o sorrida così spesso di me e una volta una persona molto seriosa mi ha anche detto che il mio atteggiamento potrebbe essere indice di insicurezza: se anche fosse, che male c'è ad accogliere e riconoscere tale sentimento umano?
Devo aggiungere che a spingermi a fare largo uso dell'autoironia è anche la profonda noia che mi suscitano i narcisisti, quelli che ci tengono costantemente a dire quanto sono bravi, amati, lodati, straordinari et similia. E che si offendono se non li esalti: per carità. Fra l'altro, le persone più brillanti che ho conosciuto scherzano su di sé, non hanno bisogno di lodarsi.
E poi: siamo esseri mortali e finiti, come non sentirsi ridicoli di fronte al tempo che passa e tutto travolge se, tronfi, ci ergiamo a pontificare o a ribadire a tutti il ruolo sociale che ricopriamo e, abbacinati, ci abbandoniamo all'autoesaltazione? Gozzano, per esempio, attraverso la sua autoironia mi ha insegnato molto di più di tanti tromboni che indicano la strada maestra investiti di gravitas sgomentante.
Forse sbaglio tutto, ma io credo che tale approccio sia propositivo anche dal punto di vista psicologico. Proviamo a elencare un po' quanto bene faccia, a volte, prendersi in giro:
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E così è: sempre, ovviamente, se vi pare. |
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