Nella notte il tuo canto
Sono le cinque del mattino. La notte si prepara ad essere un ricordo: l'ora peggiore, per me, è tra mezzanotte e le due, se mi sveglio in quell'intervallo di tempo so che non sarà piacevole.
Mi alzo, mi muovo nel buio ed ecco il canto di mio padre. Lo sento nitido, lo rivivo come se fossi tornato indietro di tanti anni. Ho in testa una canzone napoletana ironica che ben lo rappresentava.
Dio mio, non sembra vero.
Mi affaccio alla finestra: il nero dei tetti, laggiù, mi stordisce. Riprendo a camminare. E la melodia non si ferma, eco di una vita perduta che continua dentro di me, negli occhi dei miei figli, nel loro sogno di futuro.
La primavera mi assale con i suoi graffi, ma questa volta nessuna ebrezza ad addolcire la stagione.
Altri giorni, altre primavere, altre immagini s'inseguono, s'accavallano, si confondono nella mia mente.
Io e mio padre andiamo con il cane per la campagna. Il verde nei nostri passi. Il profumo silenzioso del vento.
E intanto il canto è nel sangue, intriso di tenerezza per quel qualcosa di meraviglioso che invitava al sogno e che non potrà mai più essere.
Ma quella voce la inseguo, la vivo, è dentro di me.
Anche ora, mentre scrivo, mentre anelo quel sorriso, continua... continua struggente... continua come nelle favole...
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