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Visualizzazione dei post da 2025

"Sergio Leone: mito e poesia": rassegna stampa.

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  In questa pagina, in continuo aggiornamento, sono inseriti gli articoli più significativi sul mio saggio su Sergio Leone dedicato a mio padre.  Intanto ecco il link della pagina del saggio sul sito della casa editrice Condaghes: https://www.condaghes.it/scheda/978-88-7356-434-8/sergio-leone-mito-e-poesia/it Qui, sebbene presente o ordinabile nelle librerie, il link per l'acquisto online: https://www.saribs.it/scheda.asp?id=SBS-978-88-7356-434-8&ver=it&ref=con "La Nuova Sardegna", Antonella Usai, 3/7/2025: "Olbia.it", Barbara Curreli, 6/7/2025: https://www.olbia.it/olbia-sergio-leone-e-cera-una-volta-il-west-raccontati-attraverso-le-parole-i-ricordi-e-i-sogni-di-filippo-pace- "Sassari notizie", Redazione, 11/7/2025: https://www.sassarinotizie.com/2025/07/11/esce-sergio-leone-mito-e-poesia-il-nuovo-saggio-di-filippo-pace/ "Logudoro Live", Piera Anna Mutzu, 11/7/2025: https://www.logudorolive.it/sergio-leone-mito-e-poesia-il-nuovo-sagg...

Recensione della "Pastora" di Alberto Capitta

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  Selvaggia, ferina, belluina, macellaia, abbacinata dall'ebbrezza del sangue: è la pastora che viene chiamata a guidare l'Italia per superare un momento di crisi dovuto alla mancanza della carne. L'uomo forte che soddisfa i desideri - segreto inconfessabile di tanti abitanti della Penisola, appartenenti alle diverse classi sociali - è sostituito (e già questa è una trovata interessante) da una donna. La pastora , ultima invenzione letteraria di Alberto Capitta, edita dal Maestrale, conferma la potenza visionaria dello scrittore e offre interessanti spunti di riflessione non solo per quello che racconta, ma per ciò che manca, non rappresenta e che, proprio per questo, risulta ancora più disturbante. Partiamo dall'esplicito, con ordine: la pastora incarna il marcio, la putrefazione e la morte che sono legati all'immaginario fascista. Il pericolo che rigurgiti del Ventennio agiscano sottotraccia e possano riprendere il sopravvento è, ammettiamolo, realistico. La pasto...

Raccontami il mare

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Non so come sia capitato quaggiù. La stanza è grande, colorata e io sento una bellissima musica: è un sassofono che mi rassicura e mi invita ad andare, a cercare, a non fermarmi mai. Che allegre queste mattonelle a quadri rossi, verdi, azzurri, gialli. Chi sa chi ha pensato questo luogo così piacevole e strano... Il sassofono mi dice vai, guarda che oltre quella porta c'è qualcosa di bello, non avere paura, non lasci niente e nessuno, ritrovi soltanto quello che ti piace, quello che sei stato e che, nonostante tutto, continui ad essere: un sognatore. Non ci puoi fare niente, mi suggerisce quella melodia, se a volte il grigio intorno ti soffoca, se sembra che ti tolga ogni certezza per consegnarti al nulla della morte, non è colpa tua se da sempre, da quando eri bambino, ami incantarti, fantasticare, ascoltare e raccontare storie. E se il sassofono fosse nella mia testa? Vado, cullato da quella promessa di bellezza, e penso ai miei figli, al giorno in cui sono nati e li ho presi in ...

La mia sirena

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La mia sirena non ha età, non ha nome. Mi aspetta, stanca di sole, fra gli scogli di quell'isola che so. Ascolta il suono del mare e non ricorda nulla: chissà, forse per questo quando sorride non sembra felice, ma solo innocente, immortale. Lei mi aspetta, anche se dimentica sente che sbando, che prima o poi ritornerò da lei. Per un giorno, un'ora, un secondo. O per sempre, che poi, in fondo, non fa tanta differenza, il tempo non esiste, è solo movimento a largo, onda su onda, mare aperto, nessun bisogno di sognare. Lei sa che mi tradirà sempre. Ed è per questo che non potrò fare a meno di lei, del mio errore. Sa che ho due figli che amo infinitamente: sorride. Mi sfiora la fronte con due dita, contenta.  Le dico della mia ferita che non si può rimarginare, tace, non può fare nulla, se non donarmi la sua solitaria voluttà. Non ha manuali da leggermi, la luna le ha accecato la memoria e sa benedire quel mio vecchio vizio. Quando precipito laggiù per la tempesta ...

SuperMarilyn

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 Non sarebbe bello se esistesse una nuova supereroina? Una che avesse come poteri straordinari la tenerezza, la dolcezza, la poesia del sorriso? Vi immaginate se al posto dell'insopportabile Superman (ancora al cinema, in questi giorni, e non se ne può più) ci fosse, che so, SuperMarilyn? Il potere della tenerezza: che cosa c'è di più nobile? Quella che manca a chi uccide in nome di non so quale assurda giustificazione. Quella che ti fa crescere i figli e ti invoglia a sentire il dolore dell'altro e a misurare te stesso in base alle virtù e ai vizi del prossimo. E la dolcezza? Dove la mettiamo? Quella che ti fa amare la vita perché in ogni secondo in lei scopri un battito nascosto, meraviglioso ed effimero, stordente ed incantatore? Quella che fa innamorare di una ragazza dallo sguardo limpido. Quella che ti spinge a guardare i bambini mentre giocano. E la poesia del sorriso? Esiste qualcosa di più prezioso di chi, in questa frenetica corsa e folle, ti sorride, improvvisame...

Dubbi esistenziali di una capra: sopra o sotto la panca?

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  C'era una volta una capra.  Non una capra qualunque, ma una animata dal vezzo di voler essere artefice del suo destino. Aveva scelto, con piena coscienza, di vivere sopra una panca. Perché? Facile: "Sopra la panca la capra campa". E l'allitterazione — quel dolce scivolare delle consonanti uguali — la faceva sentire al sicuro. Panca , campa : sembrava che l'universo stesso avesse architettato un gioco di suoni per garantirle la sopravvivenza. Un giorno, per curiosità o per noia, la capra provò a scendere sotto la panca. E lì iniziò il dramma. Sotto la panca , infatti, "la capra crepa". Una frase dura, secca, senza la dolcezza della "m". La "r" di crepa morde, graffia, frantuma. L’allitterazione svanisce, e con essa, forse, anche la fortuna della capra. Ma era davvero solo una questione di fonetica? O c’era dell’altro? Alcuni linguisti da stalla dissero che la colpa era tutta della posizione subalterna . Sotto la ...

Sergio Leone: mito e poesia

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Scrissi una pagina - una sola - in cui ragionavo sulla rappresentazione dei cattivi nel cinema di Sergio Leone. Era il 2013, un giorno in cui mio padre aveva un esame importante a Sassari e io, che di solito lo accompagnavo, ero dovuto rimanere a casa a tenere la mia piccola Sofia. Quella pagina era la mia reazione all'idea della malattia (implicitamente anche della morte) di mio padre. Un modo per ritornare indietro nel tempo quando, da bambino prima e da ragazzo poi, guardavo con lui i film e quelli del grande regista romano in particolare. La mia fascinazione per la favola e il mito sono anche il frutto del mio rapporto con papà, da sempre guida, faro illuminante, modello. Anzi, solo ora capisco che potevo permettermi di essere così indolente e bizzarro, sopra le righe o trasognato perché era la sua presenza che mi rassicurava. Ho sempre, in fondo, coltivato l'idea di girare un western per sentirmi in piena simbiosi con mio padre. Circa un anno fa, mi pare, forse un po' ...

Cipro

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Cipro è come una ragazza fascinosa, stanca dei suoi tanti amanti, con le carni abbrunite dal sole e il sorriso di chi ha provato spesso il piacere di essere posseduta, l'abbandono di esser stata travolta nel crepuscolo di un autunno senza fine. Incupita dalla sua sensualità, irredimibile nel lento lambire delle onde i suoi fianchi smemoranti. Io ci sono stato, a Cipro, in quella terra in cui le ragazze avevano il sapore buono della partenza e nello sguardo le macchie dell'addio. Isola di memorie, divinità dismesse, pregiati mercati di stracci, ancora vivi nelle urla di imbonitori mesti, affranti, spenti . Quanti anni son passati... troppi volti persi per sempre. E chissà quanto abbracci il tempo mi ha costretto a tradire. Io mi sono perduto, a Cipro,  davvero non sai quanto, ma la nave doveva partire, il capitano dava spiegazioni sulla rotta che ognuno poteva sognare di possedere ma io ho con la nostalgia dell'infanzia un conto aperto che nessun sapiente raz...

La Polizia morale in Iran e le donne nascoste

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  In Iran esiste la Polizia morale che sorveglia le donne affinché siano ben coperte e 'nascoste'. Le donne, come al solito, vittime. Sembra distopia, ma è la realtà da quando l'Ayatollah Khomeini, nel 1979, ha portato il fanatismo al potere. Solidarietà alle donne che lottano per la loro libertà. Ancora di più ora, con una nuova guerra in atto. Intanto in Italia tutto bene: abbiamo una donna (di cui non ho nessuna stima) che guida il Governo e ai bambini viene regalato uno smartphone, non si sa mai che possano diventare ragazzi che mettano in discussione lo status quo. I nostri adolescenti, tendenzialmente, da quello che leggo nei loro temi, non si sentono più portatori di rottura in nome di un futuro migliore, ma spettatori senza speranza del presente. Vero, siamo fortunati, non siamo né in Russia, né in Cina, né in Iran, eppure anche da noi le donne sono discriminate: se non sei nel Pubblico, il Privato se rimani incinta ti licenzia. Va bene così? Stiamo ancora a guardar...

Da quella discesa laggiù

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- Credo che io debba ricominciare dalla campagna. - In che senso? - Da quella discesa laggiù, con mio nonno, le mucche portate in fune, l'odore di fieno e di verità. - La solita ricerca di innocenza, o no? - Non credo. Molto di più, molto di meno. - Vago, evasivo. - Chissà. Pavese faceva dire ad un suo personaggio che la terra era come la donna, bisognava capirla, aveva le sue lune. Oggi, in campagna, in questa domenica di fine settembre, mi ritornava in testa questa frase. E mio nonno. Il suo cappello. - Il mare all'estate, la campagna all'autunno. Giusto? - Giusto. Anche se non così schematico. Contano tanto anche le foglie gialle, le frenesie autunnali, l'attesa di una nuova nascita. I tordi, i merli, i funghi. Il cane. - Hai avuto tanti cani, ricordo male? - Sempre troppo pochi, per me che li ricordo. - Dimmi i nomi... - Virgola, Bobo, Jack, Gilda, Argo, Ulisse. - Gli ultimi addirittura omerici. - Al mito non c'è scampo. Come al wes...

Sciascia legge Manzoni: il 'sistema Don Abbondio'

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Generazioni di lettori si sono scontrate con I promessi sposi : riassunti, apparati critici, commenti possono diventare, paradossalmente, respingenti. Il capolavoro di Manzoni, invece, a volte dovrebbe essere 'reinventato', magari appoggiandosi a letture intriganti e suggestive come quella che ha fornito del libro Leonardo Sciascia. Per lo scrittore siciliano, infatti, i protagonisti non sono Renzo e Lucia, ma Don Abbondio: è singolare che questa sua idea si sia sedimentata così, senza nessuna guida, poiché aveva letto l'opera di Manzoni prima che fosse la scuola a imporglielo. Vediamo, dunque, quali sono le caratteristiche del 'sistema Don Abbondio' rinvenute dall'autore del Giorno della civetta .  Il pavido curato non è un semplice personaggio, ma il cardine di un sistema: l'incarnazione di un equilibrio statico, vischioso, in cui la paura è metodo e la neutralità complice. Un ingranaggio perfetto nel meccanismo dell'omertà diffusa: in tale contesto i...

Caratteri generali dell'"Adelchi" di Manzoni

  L'Adelchi di Manzoni racconta la tragica vicenda del principe longobardo Adelchi, diviso tra il senso del dovere verso la sua stirpe e la coscienza di un mondo in rapido mutamento con l’avanzata dei Franchi. Ermengarda, sua sorella, è vittima di un amore idealizzato e represso, che non può manifestarsi liberamente a causa delle tensioni politiche e sociali che la costringono a rinunciare alla sua felicità personale. In lei si manifesta il tema dell’eros represso: il desiderio d’amore viene bloccato dalle circostanze storiche e dal peso dell’onore familiare, fino a sfociare nella morte per il dolore provato. Questo eros negato diventa simbolo della sofferenza più profonda, del conflitto tra pulsioni intime e imposizioni esterne, che travolge la sua esistenza. Adelchi, invece, incarna il conflitto tra ideale e reale. Da una parte, è un giovane principe carico di ideali di libertà e fedeltà al proprio popolo; dall’altra, si trova schiacciato dalle forze storiche e dalla volontà di p...

Ti ho chiesto di venirmi a trovare nei sogni

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 Ti ho chiesto di venirmi a trovare nei sogni e ogni tanto lo fai. Spesso sorridi, sei come ti vedevo vent'anni fa e stai bene. Io ti chiamo, ti chiamo forte e nel sogno sento che ho paura che l'immagine svanisca. Ti chiamo come qualcosa che per sempre si è perduto e in ogni sospiro e azione si ritrova. Io sono cambiato, lo sai? Non leggo più nulla di cinema, non so quali film siano in uscita. Ho abbandonato i fumetti e non ho voglia di leggere romanzi. Mi concentro, però, come sempre sulla critica letteraria ed è ai classici (ai siciliani tanto) che è rivolta la mia attenzione. E la musica rock mi aiuta, però mi fa provare una nostalgia senza confini di quand'ero ragazzo e c'eri tu. Solo ora capisco che eri tu a permettermi il lusso di poter essere così: indolente e bizzarro, irriverente e trasognato. Nella bara quasi non ti guardavo, non ti ho toccato le mani né la fronte e sempre il calore del tuo corpo è uno dei ricordi che mi accompagnano. Non sai quante volte risu...

Danza sporca: trasgressione e rock

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 Il sole, la lacrima, la primavera. Sbandamento, smarrimento. La chitarra distorta. Il rock, la corsa, la trasgressione. Nessuno ci fermerà. E l'urlo sale, graffiante, sale pazzo, corre, vibra nel cielo. La trasgressione è paura di morire. Paura di morire. L'acqua e il fuoco: non la sintesi.  Il giullare anarchico e l'intellettuale borghese. Buoni consigli, buoni propositi, bei sorrisi. L'Intelligenza artificiale, la tecnologia, maremoto. La danza è sporca. Parlami delle tue certezze, ricordati che sono scisso, che Pinocchio è così e non lo ha voluto lui. Balla questo ballo: sballo collettivo, occhi sui cellulari, droga da regalare ai bambini.  Aumentano i ricoveri nei reparti di neuropsichiatria infantile. That's right . Oh, ma quante paroline da regalarci quando siamo tutti nel nostro abito su misura. Ma pulsa il selvaggio: lo vedi il sangue? Si spacca il pavimento, le crepe sono gli strilli di quelle radici che non si possono più fermare. In crescita i guerrafond...

Nella notte il tuo canto

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  Sono le cinque del mattino. La notte si prepara ad essere un ricordo: l'ora peggiore, per me, è tra mezzanotte e le due, se mi sveglio in quell'intervallo di tempo so che non sarà piacevole.  Mi alzo, mi muovo nel buio ed ecco il canto di mio padre. Lo sento nitido, lo rivivo come se fossi tornato indietro di tanti anni. Ho in testa una canzone napoletana ironica che ben lo rappresentava.  Dio mio, non sembra vero. Mi affaccio alla finestra: il nero dei tetti, laggiù, mi stordisce. Riprendo a camminare. E la melodia non si ferma, eco di una vita perduta che continua dentro di me, negli occhi dei miei figli, nel loro sogno di futuro. La primavera mi assale con i suoi graffi, ma questa volta nessuna ebrezza ad addolcire la stagione. Altri giorni, altre primavere, altre immagini s'inseguono, s'accavallano, si confondono nella mia mente. Io e mio padre andiamo con il cane per la campagna. Il verde nei nostri passi. Il profumo silenzioso del vento. E intanto il canto è nel...

Basta autocelebrazioni! Viva l'autoironia (e chi sa ridere di sé)

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  Da sempre l'autoironia, per me, è un modo salutare di mettersi in discussione e di non prendersi mai troppo sul serio (dico sempre che bisogna prendere sul serio quello che si fa, non ciò che si è). Spesso mi chiedono come mai rida o sorrida così spesso di me e una volta una persona molto seriosa mi ha anche detto che il mio atteggiamento potrebbe essere indice di insicurezza: se anche fosse, che male c'è ad accogliere e riconoscere tale sentimento umano?  Devo aggiungere che a spingermi a fare largo uso dell'autoironia è anche la profonda noia che mi suscitano i narcisisti, quelli che ci tengono costantemente a dire quanto sono bravi, amati, lodati, straordinari et similia . E che si offendono se non li esalti: per carità. Fra l'altro, le persone più brillanti che ho conosciuto scherzano su di sé, non hanno bisogno di lodarsi. E poi: siamo esseri mortali e finiti, come non sentirsi ridicoli di fronte al tempo che passa e tutto travolge se, tronfi, ci ergiamo a pontif...

Ricordo di Martine Frey

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Apprendo oggi con grande dispiacere della scomparsa della giornalista Martine Frey. Era donna donna di grande garbo, sensibilità, intelligenza e simpatia. Dopo aver presentato il mio secondo romanzo C'era una volta la Rivoluzione " eravamo diventati amici. Ci capivamo perché entrambi giocavamo a essere ironici e a non prenderci troppo sul serio. L'ultima volta che ci siamo sentiti è stato due anni fa. Lei mi aveva chiamato per congratularsi per il mio ultimo libro, Raccontami ancora quell'ultima estate , e poi avevamo chiacchierato a lungo di scuola, di scrittura e mi aveva chiesto consigli per la sua adorata nipotina che frequentava le scuole Medie. Ricordo poi che mi aveva passato al telefono anche sua figlia. Ci mancherai, Martine, ma non ti dimenticheremo. Con Martine, durante la presentazione alla biblioteca Simpliciana, gennaio 2014. Ho avuto l'onore e il piacere di essere letto da lei. Avevo chiesto proprio che leggesse lei un passo a sua scelta del mio libe...

Il mio nuovo libercolo è all'orizzonte

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  Non avrei mai pensato che il pdf del mio nuovo libercolo mi sarebbe arrivato ieri, domenica delle palme. Festeggiavo il compleanno di mio nipote Giovanni (già dieci anni, mi sembra appena qualche mese che è venuto al mondo...) e nella mente avevo ancora il sogno mattutino: incontravo papà che, con signor Vito, usciva dal cancello di casa. Ero felice di vederlo. Sorrideva e mi diceva che stava bene. Aveva una camicia bianca e una giacca nera. Che nostalgia. Oggi ho portato la mia classe ad un incontro per la sensibilizzazione contro la mafia. Ho visto i resti di una vettura della scorta di Falcone dopo l'attentato di Capaci. Rimani senza fiato quando le immagini sono vere, non filtrate dalla televisione. Poi, al Museo Archeologico, ha parlato la vedova Montinaro, moglie di uno dei giovani poliziotti rimasti uccisi nella strage. Che grinta quella donna. E quanto dolore. Ho pensato alla linea della palma descritta di Sciascia: papà me ne parlava sempre sin da quando ero piccolo. La ...

Parla la signora Pace: il rock di Filippo mi spappola il cervello

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  La prof.ssa Maria Grazia Ledda, moglie di Filippo Pace Professoressa, come mai ha deciso di rilasciare quest'intervista? Perché voglio che finalmente la gente sappia. Sono stanca. In che senso? A che cosa si riferisce? Vede, io amavo la musica di Mango e in genere il pop oppure le canzoni di forte portata melodica come quelle cantate, per esempio, da Elisa o Giorgia. Da quando sono con Filippo mi tormenta con il rock. Badi bene, non solo quello in generale, ma proprio il suo, quello composto da lui. Si spieghi meglio... Avrà composto un centinaio di pezzi, quasi tutti agitati, irriverenti o sopra le righe. Non ne posso più, mi spappola il cervello. Dopo aver registrato le sue canzoni me le spara in macchina a tutto volume. Queste urla e queste chitarre distorte mi ubriacano. Non dev'essere facile, immagino. Non ne posso più. L'ho invitato e frequentare anche altre donne per canalizzare in maniera meno dolorosa tutto ciò. Interessante: lui come ha reagito? Mi ha risposto c...